Succede anche questo

Amarone della Valpolicella: che non diventi una (lussuosa) commodity

Come sarà l'Amarone della Valpolicella 2012? In questa vendemmia sono stati raccolti 800 mila quintali, 300 mila dei quali sono già nei fruttai, destinati a dare vini Amarone (tanto) e Recioto (poco). Ovviamente, per avere il dato del Valpolicella Ripasso 2012 basterà moltiplicare per due il volume di vino ottenuto dalle vinacce dei suddetti.

Eppure non basta. O meglio, c'è chi dice che non bastaC'è chi dice che il mondo ha sete di Amarone, e quindi bisogna produrne di più. E piuttosto che da qualche parte comincino a bere Zinfandel appassito - l'appassimento è una tecnica miracolosa, livella le uve: e se uno non conosce l'Amarone della Valpolicella autentico, difficilmente si accorge della differenza - è meglio che bevano Amarone. "L'Amarone non deve restare un vino per pochi".

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L'acida verità...

...è che la gente ignora ancora molte cose sul vino, moltissime sull'olio d'oliva, e un'enormità sull'aceto.

E' difficile che chi ama il vino si occupi con ugual passione anche del suo alter ego più naturale, l'aceto. Anzi. I due sono visti da sempre come il Dottor Jekyll e il Mister Hyde dell'uva. Due facce della stessa medaglia, dove una ci piace moltissimo e l'altra (spesso) per niente. Così, è difficile trovare degustatori d'aceto. O organizzare degustazioni del medesimo. 

Risultato? una cosa che interessa a pochi/nessuno, ma gode pur sempre di un discreto mercato, finisce per essere sottostimata e bistrattata anche al momento dell'acquisto: uno vale l'altro (purchè costi il meno possibile). Accade così che in Italia i produttori di aceto d'uva siano così pochi da aver deciso di far fronte comune e unirsi sotto un nome: Amici Acidi.

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La vendemmia 2012 secondo la FIVI

Interessante sguardo d'insieme al "vigneto Italia" quello che ci viene presentato dall'ultimo comunicato stampa della FIVI. In un momento in cui in alcune parti la vendemmia è già iniziata, e in altre sta partendo, si prova a tracciare un quadro di una situazione viticola, questa del 2012, a dir poco difficile, e dalla quale, a dispetto dei soliti trionfalistici proclami di certe associazioni di categoria, non è realistico aspettarsi capolavori di vini. Non nel breve termine, almeno (e non dovunque).

Cosa dicono dunque i Vignaioli Indipendenti? Da Nord a Sud, da Ovest a Est pochi concetti chiave si ripetono: stress idrico, calo delle rese, rallentamenti o arresti di maturazione, anticipi di vendemmia. Il comunicato completo è scaricabile da qui, in questo post riassumiamo in breve le situazioni riportate suddividendole per macro-aree.

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Come sta il Recioto di Soave?

Lo scopriremo tra qualche ora, come sta.

Ovvero, al termine di una impegnativa degustazione che vedrà sfilare - rigorosamente coperti - oltre una quarantina di campioni, presentati da altrettante aziende.

La degustazione, voluta a tutti i costi da un autentico ambasciatore del Recioto veronese, Lorenzo Simeoni, cui si devono i soavi Suevi, ha richiesto uno sforzo organizzativo e di comunicazione che, francamente, a mio avviso molte delle aziende partecipanti non si meritano (non più di tanto).

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Il bello di #terroirvino2012

Il bello di Terroir Vino è che è se stesso. Nel (tanto) bene e nel (poco) male.

Una formula unica nel suo genere:

- per organizzazione: ogni anno migliora qualcosa (e sbaglia qualcos'altro: Menschliches, Allzumenschliches!*)

- per trasversalità: non importa in quale categoria ti riconosca. Anche se sei un semplice curioso che beve un bicchiere alla settimana, a Terroir Vino ti senti a tuo agio;

- per duttilità: quest'anno è andata così, l'anno scorso è andata colà e l'anno prossimo sarà costà: come una stoffa che si cerca di aggiustare su quell'informe corpaccione che è il mondo del vino pro-con**,Terroir Vino non segue uno schema rigido, sempre uguale a se stesso o con poche inavvertibili varianti, ma è capace di introdurre in ogni edizione cambiamenti (più o meno) macroscopici: il luogo, le iniziative di contorno, le novità dell'anno, le persone, l'impostazione... Il tutto al fine di regalare comunque un'esperienza positiva, da un lato e dall'altro del banchetto, con il vino, con le persone, persino con i new media. Per gente cresciuta a effetti speciali e che troverebbe déjà vu anche una degustazione in AR (augmented reality), trovarsi a vivere con il vino una piana, serena normalità ha quasi dello straordinario.

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Porto Cervo Wine Festival, voglia di web e di sparkling rosé

Porto Cervo ai primi di maggio è il set di un film in attesa del primo ciak della giornata. Stradine deserte, luci perfette, le vetrine dei negozi griffati che riflettono il sole delle 11 come tanti specchi.

In giro non c'è anima viva, solo in lontananza, verso la spiaggetta giunge l'eco di qualche frase in francese, inglese, giapponese...

In giro, l'aria profuma di finocchietto selvatico, liquirizia e fiori mediterranei, vacanza e sale.

E anche un po' di vino; quello delle bottiglie in degustazione al Centro Congressi dell'Hotel Cervo, fulcro ospitante della quarta edizione del Porto Cervo Wine Festival, dedicato alla migliore produzione enologica locale e nazionale.

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Non chiamatele bollicine

Ogni tempo ha le sue idiosincrasie linguistiche.

Ci furono i giorni della misura in cui, e quelli dell'attimino: sulla bocca di tutti per anni, oggi suonano stonati, clamorosamente datati, perchè i nostri sono i giorni del di tutto e di più, e dell' idem con patate.  Queste ed altre espressioni più o meno folcloristiche sono destinate a tramontare dall'uso corrente non appena se ne affaccerà qualcun'altra di nuova.

Nel settore della comunicazione vitivinicola, già di per se' complesso, mutevole e soprattutto umorale, accade la stessa cosa: ci sono parole che ad alcuni provocano autentici attacchi di orticaria, al punto che ne invocano la cancellazione dal vocabolario. Niente di male se, per una parola (o un'espressione) che se ne va, ce ne fosse una che prende il suo posto. Ma questo, a quanto pare, non sempre avviene.

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Tre passi per sopravvivere alla crisi

Quante facce ha la crisi?

Non c'è solo quella, nerissima, di chi ha perso il lavoro e non riesce a ricollocarsi; di chi lo cerca e non lo trova - e di chi ha perfino smesso di cercarlo. C'è anche la faccia grigiastra di chi sta vivendo un momento positivo e non può investire, scontrandosi con le altrui difficoltà finanziarie e la crisi di liquidità delle banche.

E' il caso della Valpolicella del vino (perchè quella del marmo è in sofferenza da anni), le cui imprese performano meglio delle colleghe veronesi (pur essendo, di conseguenza, anche mediamente più indebitate); nel complesso, comunque, il distretto del vino veronese vale oltre 10 milioni (fatturato medio del 2010). E se il PIL regionale appare stabile nel 2011, per il 2012 le proiezioni danno segno negativo anche in Veneto (-1,6%).

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Il varo della Riserva dei Consoli

Prendi un gruppo di persone varie e assortite tra loro - un noto musicista, giornalisti e wine bloggers, agenti, enotecari, un enologo, i titolari di un'azienda franciacortina - caricali su una motonave centenaria insieme ad una tinozza colma di ghiaccio e due belle magnum di Franciacorta e lasciali a scorazzare per una giornata sulle acque del lago d'Iseo. Tra Sulzano e Peschiera Maraglio. 

E che l'avventura cominci.

E' stato un vero e proprio varo, quello dedicato all'ultimo nato di casa Villa Crespia, avvenuto un lunedì mattina a ridosso della maratona del Vinitaly.  

Il Franciacorta Brut La Riserva Dei Consoli è un metodo classico di chardonnay in purezza vendemmiato nel 2004, fermentato tra acciaio  legno con lieviti selezionati in azienda, affinato ancora tra acciao e legno e poi lasciato tranquillo a rifermentare in bottiglie per 70 mesi.

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