Porto Cervo Wine Festival, voglia di web e di sparkling rosé

Porto Cervo ai primi di maggio è il set di un film in attesa del primo ciak della giornata. Stradine deserte, luci perfette, le vetrine dei negozi griffati che riflettono il sole delle 11 come tanti specchi.

In giro non c'è anima viva, solo in lontananza, verso la spiaggetta giunge l'eco di qualche frase in francese, inglese, giapponese...

In giro, l'aria profuma di finocchietto selvatico, liquirizia e fiori mediterranei, vacanza e sale.

E anche un po' di vino; quello delle bottiglie in degustazione al Centro Congressi dell'Hotel Cervo, fulcro ospitante della quarta edizione del Porto Cervo Wine Festival, dedicato alla migliore produzione enologica locale e nazionale.

Grazie all'invito del collega e amico Bruno Gambacorta, e all'ospitalità dello stesso Hotel Cervo, ho avuto la possibilità di intervenire insieme a Slawka Scarso, Luciano Pignataro, Vittorio Castellani e Daniele Cirsone al work shop dedicato alla comunicazione del vino ai tempi di Facebook: una chiacchierata informale durante la quale ci siamo trovati concordi sul fatto che sì, le guide dei vini di carta (forse) non spariranno, ma la loro funzione e il loro ruolo sono destinati a venire sempre più ridimensionati dalla marea montante dei new media: un fenomeno che le aziende del vino non possono più permettersi d'ignorare, e che va affrontato con serietà, idee chiare, competenza e strategie precise. Il vino, più di altri prodotti, ha una sua imprescindibile natura sociale, che lo rende il soggetto-oggetto ideale per questa nuova comunicazione inter pares.

Al tempo stesso però, quel dialogo cercato, voluto e condotto sui network online deve atterrare alla fine in un luogo fisico: la cantina. E davanti ad un bicchiere di vino vero.

Ma c'è anche un altro linguaggio, ugualmente sociale e trasversale, che si apparenta benissimo con il vino - e non è il cibo.

E' la musica, come ha dimostrato in una divertente e coinvolgente performance Donpasta, economista dj teorico (e pratico) del wine food sound system.

Certo, al Porto Cervo WF c'era spazio anche per la gastronomia: per quella, per esempio, di chef come Maurizio Locatelli e Manuel Arcadu (entrambi dello scenografico Hotel Pitrizza). Insieme a una selezione di vini friulani curata da Mario Busso (e tratta dall'ultima edizione della sua Guida) hanno approntato l'ultima sera all'Hotel Pitrizza una cena a base di pesce esemplare per la semplicità dei piatti e al tempo stesso la loro perfezione.

Momenti culturali a parte - oltre al work shop sul web 2.0 si è parlato di libri con lo stesso Bruno Gambacorta e  Andrea Scanzi -, il grande protagonista dei tre giorni dal 4 al 6 maggio è rimasto però pur sempre il vino: quello chiacchierato, descritto, comunicato, raccontato e bevuto. Quello delle molte cantine sarde e di una rappresentanza (non troppo nutrita e rappresentativa, a dire la verità) di altre regioni italiane.

Girando tra i tavoli d'assaggio, tra un Vermentino del Sulcis e uno di Gallura, dalle proposte dei vini si potevano trarre alcune conclusioni interessanti a proposito dei trend isolani di produzione...

Accanto ai tappi dei vini fermi, si ammucchiavano volentieri le gabbiette degli sparkling.

"E' quello che oggi tutti vogliono, tutti cercano..." mi ha spiegato più di un produttore. "Cosa le faccio assaggiare, il base o il rosè?".

Mi rassegno a provare un cannonau metodo classico, consolata dal pensiero che, per lo meno, la Sardegna è un'isola...

E il Prosecco non sa nuotare.

:-)