Durello

I colori del Durello. 4 motivi per bere una bottiglia Fongaro

I colori del Durello. 4 motivi per bere una bottiglia Fongaro

Le feste di Natale sono da sempre un' occasione irrinunciabile per alzare i bicchieri e brindare. Non a caso in questi giorni non si contano articoli e post su cosa scegliere, e quando e come. Secondo l'Osservatorio delle bollicine nazionali, i brindisi di fine 2016-inizio 2017 hanno dimostrato uno spostamento di gusto verso i sapori più secchi. Meno morbidezze e piacionerie e più precisione e affilatezza, dunque, anche se è probabile che si tratti (per ora) solo di una tendenza, più che di una abitudine acquisita. Comunque, per chi non ama le mezze misure ("lo spumante deve essere secco. Oppure dolce. Tertium non datur") e se ci si trova a Verona (o a Vicenza), la scelta dovrebbe essere scontata:  Durello, soprattutto metodo classico.

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Non chiamatele bollicine

Ogni tempo ha le sue idiosincrasie linguistiche.

Ci furono i giorni della misura in cui, e quelli dell'attimino: sulla bocca di tutti per anni, oggi suonano stonati, clamorosamente datati, perchè i nostri sono i giorni del di tutto e di più, e dell' idem con patate.  Queste ed altre espressioni più o meno folcloristiche sono destinate a tramontare dall'uso corrente non appena se ne affaccerà qualcun'altra di nuova.

Nel settore della comunicazione vitivinicola, già di per se' complesso, mutevole e soprattutto umorale, accade la stessa cosa: ci sono parole che ad alcuni provocano autentici attacchi di orticaria, al punto che ne invocano la cancellazione dal vocabolario. Niente di male se, per una parola (o un'espressione) che se ne va, ce ne fosse una che prende il suo posto. Ma questo, a quanto pare, non sempre avviene.

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I vini della montagna che respira: da Vulcania a ViniMilo

...quannu i nuvuli vannu a muntagna, posa la truscia c'annunca si vagna ("quando le nuvole vanno verso la montagna, posa la biancheria, altrimenti si bagna". Prov. siciliano).

A muntagna. Così i suoi abitanti chiamano l'Etna: "la" montagna. Per definizione. Non ne (ri)conoscono altre. Una parola che indica un luogo - meglio, un topos, cioè uno spazio che è anche mentale, non solo fisico - mutevole e imprevedibile, per quanto monitorato in tempo reale con rigore e ostinata passione da scienziati come il vulcanologo Salvo Caffo, dirigente del Parco  dell'Etna.

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