Summarizing the long and complex history of Italian wines (and grapes) is always challenging, for everybody. However, who doesn’t wish a handbook where finding all-you-need-to-know about Italian wine world? So, just out of curiosity, for your personal culture and, obviously, for fun.
Here it is! The "Italian Wine Unplugged Grape by Grape" is a sort of "everything you always wanted to know about this topic but were too shy (or lazy) to ask".
Approfondiamo...
Discover Dutch Wine - the book
Si avvicinano a grandi passi i fatidici giorni dei regali natalizi, e come sempre in quest'epoca si è tutti più o meno a caccia di idee. Cosa regalare all'amico appassionato di vino che ha già letto tutto (o quasi) ed è sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo? Un libro su una delle meno note (e meno ovvie) aree di produzione vinicola: l'Olanda.
Read MoreSimon Woolf e Hugh Johnson brindano al futuro degli orange wines...
Amber Revolution: intervista all'autore Simon J. Woolf
Succedono anche nel mondo del vino, i corsi e ricorsi della Storia. Per secoli un vino o una tecnica sono in uso, poi (più o meno lentamente) scompaiono, e a distanza di tempo riaffiorano, magari in altri paesi, in altre culture, e il bello diventa non solo scoprirli, ma raccontarli. Raccontare la loro storia, scavando nel passato, ricostruendone le vicende, quasi come archeologi. E' così che ha fatto il mio amico Simon J.Woolf ottimo wine writer e wine blogger con il suo libro in corso di pubblicazione, "Amber Revolution": ha scoperto per caso un pezzo di tesoro e ha iniziato a scavare, a cercare, a interessarsi. E come sempre, quando si tratta di vino, son saltate fuori tante altre storie, di uve, di tecniche e di uomini. Di pionieri. Di idee che all'inizio nessuno capiva o condivideva (e che molti oggi dichiarano invece di condividere, non si sa se per autentica convinzione o per semplice opportunismo commerciale).
Read MoreRaccolta manuale di uve destinate ai vini da appassimento
Oltre il vino (timeline)
Come cambiano i tempi. Fino a qualche anno fa, agosto era il mese delle ferie e delle angurie, ora sembra diventato il mese della vendemmia. In molte zone d'Italia è già partita, ed è ozioso chiedere come si prospetta: le fanfare delle associazioni di categoria l'hanno dichiarata splendiderrima già da molti giorni. Probabilmente sarà anche un po' scarsina, causa gelate primaverili e siccità estiva, ma la qualità delle uve in via di raccolta è fuori discussione, perciò aspettiamo fiduciosi il verdetto dei vasi vinari.
Read MoreVigneti di Glera
Vigneto veneto: andamento e previsioni produttive 2017
Come già in passato, anche quest'anno Veneto Agricoltura ha tenuto nei giorni scorsi al CREA di Conegliano un convegno per fare un primo punto della situazione sul vigneto veneto, presentando i dati raccolti dalla rete di rilevamento sparsa sul territorio regionale e formata da una serie di cantine cooperative e Consorzi di tutela. Nel 2016 il Veneto ha prodotto 10,1 ml di hl di vino, pari al 19,5% della produzione italiana e al 3,5% di quella mondiale, ricavati da uve che crescono in oltre 87 mila ettari di vigne. I produttori sono 25.538 (-3,8% rispetto l'anno precedente) e di questi 15.315 conferiscono nelle cooperative. Quanto alle esportazioni, il Veneto è sempre capofila, in Italia, ricavando dalla vendita dei suoi vini ben 2 miliardi di euro, pari al 35,6% del totale nazionale.
Read MoreTre diversi tipi di spaghetti
Mancini - o della pasta con l'annata
Da quando ho aperto questo spazio - più di 10 anni fa - gli argomenti trattati hanno riguardato quasi esclusivamente il mondo del vino e solo molto marginalmente - e occasionalmente - quello del food. A volte però può capitare di scoprire tra i due ambiti delle inaspettate analogie: chi avrebbe detto, per esempio, che un pastificio e una cantina possono avere così tanto in comune? A patto però che il pastificio sia agricolo, come quello di Massimo Mancini, la cui azienda nella Marche è organizzata come una di quelle che producono vino: estesa per 500 ha, coltiva numerose qualità di grano. Per presentarla, e parlare della straordinaria avventura della pasta, recentemente è stato ospite dell'azienda Zymè in Valpolicella.
"La pasta ci caratterizza tutti, ne mangiamo almeno 27 kg a testa all'anno - ha detto Mancini - Il 97-98% della produzione é in mano alle industrie, mentre la percentuale di paste di qualità é del 2-3%. Però di questo argomento non si parla quasi mai, perché per quasi tutti la pasta é solo un porta-sugo. Eppure L'Italia ha un peso importante: all'estero la pasta buona é italiana, laddove gli altri prodotti -come il vino - sentono la concorrenza anche di altri Paesi". L'Italia é il più grande produttore al mondo di pasta, ma nonostante questo non ne abbiamo mai abbastanza, e siamo costretti a importare la materia prima: ca. il 50% del grano duro viene da Canada, USA, Australia, ecc. Attenzione, avverte Mancini " non é detto che il grano italiano sia sempre il migliore, e quello straniero sempre cattivo; nel mio pastificio utilizziamo solo i grani che coltiviamo, ma non tutti i produttori di pasta possono fare lo stesso. Il problema per gli agricoltori é che la coltivazione di grano duro non è remunerativa, perchè i prezzi sono decisi a livello comunitario". E i costi per produrlo finiscono per essere più alti del ricavato della sua vendita.
Fin dal 1938 la famiglia Mancini ha posseduto un'azienda agricola, ma è solo di recente che questa sta vivendo un autentico rilancio, grazie all'adozione di tecnologie modernissime e macchinari realizzati ad hoc. Il tutto con l'intento di recuperare metodi di lavorazione tradizionali.
"Coltivare il grano direttamente ti permette di essere consapevole di quello che stai facendo - ha affermato Massimo Mancini - .E il grano, come l'uva, non é sempre uguale. Per questo siamo l'unica azienda che scrive l'annata della pasta". E a proposito di annate, il 2014 è stato difficile anche per il grano: "E' stato un annata pessima. Raccolto il grano a luglio, l'abbiamo conservato in ambiente anaerobico e iniziato a lavorare a settembre. Presto però, da segnalazioni di nostri clienti affezionati, ci siamo accorti che gli spaghetti (il formato più difficile da fare) erano pieni di bottature (bolle di umidità). Abbiamo subito bloccato la produzione e buttato decine di quintali di pasta già fatta. Erano inservibili, in quelle condizioni. Ci mettemmo a studiare e a provare, e finalmente, dopo molte prove, abbiamo capito che c'era un problema con il glutine. L'annata insomma andava interpretata diversamente". Proprio come con il vino.
Narrazione (storytelling) a parte, non potevano mancare gli assaggi: 3 tipi di spaghetti a confronto, di un tipo comune (una marca nota), di un pastificio artigianale e del pastificio agricolo Mancini, tutti e tre conditi semplicemente in bianco. Il modo migliore per rendersi conto della differente texture della pasta, quella che oltre a tenere meglio il sugo, da' più soddisfazione nel mangiarla.
E sì, la differenza tra i tre era evidente.
Oltre a produrre numerosi formati di pasta con grani diversi, il Pastificio Mancini svolge anche attività di ricerca e sperimentazione (del resto, Massimo ha una laurea in agraria e un passato da ricercatore): " Il Senatore Cappelli (creato dal genetista Nazareno Strampelli) é un esempio di grano moderno, creato con tecniche di miglioramento genetico - ha detto - Come azienda, attualmente stiamo studiando una varietà di grano che abbiamo chiamato Nazareno, in onore di Strampelli; se funzionerà, la inseriremo tra le varietà che già produciamo".
Infine, di fronte al mare magnum di varietà di paste e farine oggi disponibili sugli scaffali di negozi e supermercati, quale può essere il più grave problema che affligge il mondo della pasta italiana? L'assoluta mancanza di conoscenza della materia da parte del consumatore, che diventa così facile preda delle mode più stravaganti ed effimere del momento. Una lacuna che è opportuno colmare, per il bene dell'economia nazionale (e della nostra dieta).
Vinitaly, un pezzo importante di storia del vino italiano
Il vino (moderno) italiano, una storia che continua
Da quando scrivo di vino - più di vent'anni ormai - ci sono alcuni libri in particolare, tra i moltissimi sull'argomento, che stazionano stabilmente nella libreria vicino al mio scrittoio, a portata di mano. Il primo è un libro di testo: "Elementi di chimica viticolo-biologica", di M.Fregoni, R.Ferrarini, F.Spagnolli. Il secondo è "Note pratiche di legislazione vinicola" di A.Sabellico e G.Martelli. Il terzo è la Bibbia delle uve: "Wine Grapes" di J.Robinson, J. Harding, Vouillamoz. Ultimo arrivato, un libro che si potrebbe definire di storia: "Storia moderna del vino italiano", a cura di W.Filiputti e edito da Skira.
Read More14 volte Casetta
Quando si parla della vocazionalità viticola di un'area, sarebbe buona regola chiarire fin da subito a quale periodo storico ci si riferisce. Parliamo del Trentino, per esempio. Oggi è considerato terra di vini bianchi, perfino di spumanti, perchè, obiettivamente, dai primi anni '80 ad oggi la produzione di uve bianche è andata aumentando sempre di più, a scapito di quella delle varietà rosse: nel 2014 furono prodotti 564 mila hl di vini bianchi, contro appena 172 mila di vini rossi (altri dati qui ).
Read MoreLa mineralità del vino è una metafora
Sono tempi interessanti, questi, per un filosofo...
C'è chi ha bandito il termine dal suo vocabolario di descrittori del vino, chi invece continua ad usarlo, nella convinzione di venir comunque capito da tutti, e c'è chi non si rassegna alla fumosità del concetto e insiste a ricercarne una spiegazione in qualcos'altro. Sì, parliamo di mineralità del vino, quella strana cosa che sfugge alle canoniche classificazioni di profumi-gusti fruttati/speziati/floreali/terziari eccetera. In breve: quando il vino ci ricorda qualcosa, ma non sappiamo dire con precisione che cosa, scartate tutte le consuete descrizioni, alla fine, di solito, lo si definisce minerale .Per questo, personalmente, non sono così ostile alla parola: in mancanza di meglio, è solo un modo (vago, generico) di chiamare qualcosa che non è né fruttato, né speziato, eccetera).
Read MoreA Year in Port - the film
Ci sono luoghi che per qualsiasi appassionato di vino sono dei must assoluti: destinazioni che non puoi non andare a visitare, almeno una volta nella vita: la Borgogna, la Mosella, l'Ungheria, l'Andalusia, il Douro... Anni fa, ho avuto la fortuna di fare dei viaggi-studio in questi (e altri) luoghi insieme ad un gruppo di professionisti (grazie, amici di Assoenologi Veneto Occidentale!) e ricordo quelle esperienze come alcune delle più belle che mi sia capitato di vivere. Tra tutti, il viaggio in Portogallo alla scoperta del Douro è stato sicuramente uno dei più straordinari: per la bellezza dei luoghi, per il calore e la simpatia delle persone incontrate, per la bontà dei vini e dei cibi.
Read More