Da quando scrivo di vino - più di vent'anni ormai - ci sono alcuni libri in particolare, tra i moltissimi sull'argomento, che stazionano stabilmente nella libreria vicino al mio scrittoio, a portata di mano. Il primo è un libro di testo: "Elementi di chimica viticolo-biologica", di M.Fregoni, R.Ferrarini, F.Spagnolli. Il secondo è "Note pratiche di legislazione vinicola" di A.Sabellico e G.Martelli. Il terzo è la Bibbia delle uve: "Wine Grapes" di J.Robinson, J. Harding, Vouillamoz. Ultimo arrivato, un libro che si potrebbe definire di storia: "Storia moderna del vino italiano", a cura di W.Filiputti e edito da Skira. E' un libro scritto a più mani tra uno stile tra il narrativo e il giornalistico, facile da leggere, mai noioso e ben documentato; in 24 capitoli suddivisi in tre parti ("Il Rinascimento del Vino Italiano", "Il vino italiano. L'innovazione" e "La geografia del vino italiano") tratteggia un affresco ricco e articolato del panorama enologico nazionale e dei suoi protagonisti dagli anni Sessanta ai giorni nostri. Sono storie di imprenditori tra il visionario e il sognatore, idealisti e al tempo stesso incredibilmente concreti, che ebbero la ventura di incrociare (a volte perfino d'incocciare, cioè di scontrarsi) con un altro che sapeva essere altrettanto concreto visionario sognatore e combattivo al pari loro: Luigi Veronelli, cui il libro è dedicato.
Leggere questo libro fa capire come tante cose che oggi diamo per scontate (per citarne solo una: il nome del vigneto in etichetta) in realtà furono frutto di geniali intuizioni (o di feroci battaglie) del primo wine critic della nostra storia, cui il mondo del vino italiano nel suo complesso - primi tra tutti i vignaioli - deve più di quanto, spesso, sia disposto ad ammettere. Ma fa capire anche quanto futuristiche devono essere sembrate, all'epoca in cui furono espresse, le scelte imprenditoriali di certi produttori, quelle stesse che poi si rivelarono essere delle pietre miliari nel percorso del Rinascimento enologico nazionale. E' un volume che chiunque si occupi di vino dovrebbe consultare, perchè ignorare la Storia (soprattutto recente) di un comparto economico, culturale, sociale così centrale per l'Italia come quello del vino significa privarsi di buona parte degli strumenti di interpretazione della realtà contemporanea. Una Storia che è perfino più ricca di quella che viene narrata, ma che ha costretto gli autori, gioco forza, a fare delle scelte, a volte discutibili; per limitarsi al solo Veneto, non è un po' riduttivo ricordare solo 5 produttori (almeno 3 dei quali di notevoli dimensioni)? Ma tant'è, se avessero citato tutti (o quasi) quelli che hanno avuto un ruolo nella Storia, ne sarebbe uscita un'enciclopedia. E non era questo, evidentemente, l'intento, bensì quello di far capire come il vino italiano - inteso sia come prodotto, sia come oggetto culturale - si sia evoluto nell'arco di mezzo secolo. Evoluzione che si riflette in molti aspetti, dall'architettura - oggi l'Italia può vantare alcune delle più belle cantine del mondo - al packaging delle stesse bottiglie, passando dalla tecnologia di cantina. Eccetera. Qualche volta insomma bisognerebbe prendere in mano questo libro, per ritrovare un po' di orgoglio italico: perchè, pur in mezzo alle sempre troppe arretratezze (politiche e culturali), ai casini, alle divisioni e alle eterne lagnanze che attraversano questo settore, qualcosa (molto) di buono l'abbiamo fatto anche noi. E ricordarlo - a noi stessi, al resto del mondo - ogni tanto fa bene.