Ci sono luoghi che per qualsiasi appassionato di vino sono dei must assoluti: destinazioni che non puoi non andare a visitare, almeno una volta nella vita: la Borgogna, la Mosella, l'Ungheria, l'Andalusia, il Douro... Anni fa, ho avuto la fortuna di fare dei viaggi-studio in questi (e altri) luoghi insieme ad un gruppo di professionisti (grazie, amici di Assoenologi Veneto Occidentale!) e ricordo quelle esperienze come alcune delle più belle che mi sia capitato di vivere. Tra tutti, il viaggio in Portogallo alla scoperta del Douro è stato sicuramente uno dei più straordinari: per la bellezza dei luoghi, per il calore e la simpatia delle persone incontrate, per la bontà dei vini e dei cibi.
Per questo, vedere l'anteprima assoluta del docu-film "A Year in Porto"* è stato come tornare a quelle giornate particolarmente dense di emozioni, divertenti e istruttive insieme: una botta di nostalgia.
Dopo "A Year in Burgundy" e "A Year in Champagne", con questo terzo capitolo l'importatrice Martine Seunier ci porta nella terra e nella storia di quel vino straordinario che è il Porto, magnifico e riuscito connubio di intraprendenza britannica e storicità e ricchezza vitivinicola portoghese. Un vino che ha visto secoli di splendore mercantile, e che oggi - come altri - s'ingegna per conquistare quelle schiere di nuovi consumatori che appaiono meno permeabili ai richiami della tradizione e più sensibili, invece, a quelli dell'ambiente e della ricchezza varietale che può vantare il Portogallo. Perchè una delle cose che rende straordinario questo paese è proprio la sua varietà ampelografica: almeno 400 vitigni autoctoni sono presenti nelle vigne. E quali siano, spesso nemmeno gli stessi viticoltori sono in grado di dirlo.
La doppia anima britannico-portoghese del Porto è ben esemplificata dai protagonisti del film, dalle loro passioni e usanze: le testimonianze di produttori di rilievo come Adrian Bridge (Taylor) e Paul Symington (Symington Family Estates), si alternano a quelle di Dirk Nieeport e di altri produttori proprietari di pregiate Quintas (aziende). Il filo conduttore è lo stesso già utilizzato nei precedenti film: le quattro stagioni delle vigne, con i loro riti, ritmi e incognite anche meteorologiche. Alle quali però il Porto aggiunge un quinto elemento, che riassume tutto: il tempo.
Il tempo - e l'arte del blend - sono il segreto dell'unicità e complessità di questo vino, al cui mito contribuisce poi anche la spettacolare suggestione della valle del Douro, il cui disegno dei vigneti rivela (a chi li sa leggere) tutta la maestria e la fatica dei viticoltori.
La visione del film scorre via senza intoppi nè momenti di stanchezza, passando da una gara velica ad una cerimonia di intronizzazione di nuovi confratelli della Confraria do Vinho do Porto, da una festa di compleanno ad un rito di vendemmia: passa quasi un'ora e mezza e non te ne accorgi. Merito della fotografia, e di un commento sonoro appropriato, che fanno di questo "A Year in Port" un piccolo film-documentario che vale la pena regalare anche a chi non sa niente di vino. Sarà invece molto apprezzato da qualunque appassionato della materia, soprattutto se sarà accompagnato da un esemplare del vino in questione: per un bicchiere di Porto, è sempre il momento giusto (della giornata).
* disponibile su iTunes nella versione originale inglese dal 6 settembre 2016