Succedono anche nel mondo del vino, i corsi e ricorsi della Storia. Per secoli un vino o una tecnica sono in uso, poi (più o meno lentamente) scompaiono, e a distanza di tempo riaffiorano, magari in altri paesi, in altre culture, e il bello diventa non solo scoprirli, ma raccontarli. Raccontare la loro storia, scavando nel passato, ricostruendone le vicende, quasi come archeologi. E' così che ha fatto il mio amico Simon J.Woolf ottimo wine writer e wine blogger con il suo libro in corso di pubblicazione, "Amber Revolution": ha scoperto per caso un pezzo di tesoro e ha iniziato a scavare, a cercare, a interessarsi. E come sempre, quando si tratta di vino, son saltate fuori tante altre storie, di uve, di tecniche e di uomini. Di pionieri. Di idee che all'inizio nessuno capiva o condivideva (e che molti oggi dichiarano invece di condividere, non si sa se per autentica convinzione o per semplice opportunismo commerciale).
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Il wine critic, i vini naturali, i Millennials.
Cominciamo dal primo: in un'intervista dai toni tanto pacati quanto chiari, Jancis Robinson spiega perchè il ruolo del critico del vino sia cambiato: irrimediabilmente e irreversibilmente cambiato. Ci sarà sempre bisogno di chi scrive di vino in modo professionale, ma i presupposti e gli obiettivi sono e dovranno essere diversi. Chi le sembra stare acquisendo sempre più autorevolezza come wine critic? "Temo di non essere la persona più adatta a cui fare questa domanda perché vivo in UK, dove i critici non hanno mai avuto una forte influenza". E che ne pensa di app come Delectable e Vivino? Possono servire a individuare nuovi trend emergenti di consumo? A queste e ad altre domande Jancis risponde qui.
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