A volte per costruire il futuro bisogna scavare nel passato. Letteralmente.
Viaggi & Assaggi
Il ritorno del Mamertino, il vino di Giulio Cesare
E’ uno dei vini più antichi della storia, citato da Plinio il Vecchio che lo mette al 4° posto tra i 195 vini da lui citati nel De Rerum Natura, e dal geografo Strabone che lo classificò tra i miglori della sua epoca. Piaceva anche a Giulio Cesare, che lo volle in tavola quando diede un banchetto per festeggiare il suo terzo consolato. Secoli di quasi generale oblio e adesso è di nuovo qui, a reclamare il posto che gli spetta nell’affollato panorama enologico italiano.
Read MoreVini naturali: la passione non basta (più)
“Il vino biologico non esiste”.
Read MoreGli Amarone della Valpolicella di Villa de Winckels
Gli Appuntamenti con la tradizione che da ormai una decina d’anni i fratelli Merzari organizzano nella loro bella Villa de Winckels (ristorante, hotel, bistrot), sono dei piccoli eventi enogastronomici magnificamente organizzati che ogni volta richiamano centinaia di appassionati da Verona e zone limitrofe. Il luogo - Tregnago - non è proprio a portata di mano per chi non è dell’Est veronese, ma il viaggio vale l’esperienza. Dopo il Valpolicella Superiore (tenutosi a novembre 2018), giorni fa era la volta dell’Amarone della Valpolicella: in degustazione le annate in commercio, e non solo.
Read MoreIl Sagrantino di Montefalco, tra realtà e percezione
Chi ha avuto la ventura di assaggiarlo 25 e più anni fa, probabilmente ricorderà la sensazione di carta vetrata a grana media che restava in bocca dopo il primo sorso di Sagrantino di Montefalco. Il Sagrantino è il vitigno più tannico d’Italia, è la sua caratteristica, e domarlo è come cercare di mettere la briglia ad un branco di cavalli selvaggi. Ci vogliono anni di pazienza, di studi, di prove e come un addestratore di cavalli alle prime armi, all’inizio si fanno un sacco di errori. Poi, un po’ alla volta, cavalli e addestratori diventano adulti insieme, gli spiriti ribelli e indomiti si placano un po’, e si comincia a trovare un modo d’intendersi, pur restando ciascuno nel suo ruolo: il produttore/addestratore continuerà a cercare di fare del suo meglio per addomesticare il vitigno ribelle, e questo continuerà a presentare il suo caratterino ostico e scorbutico, sebbene reso un po’ più urbano.
Read MoreAnteprima Amarone 2015: assaggi sparsi
piccole aziende, rette principalmente da giovani che vogliono smarcarsi dall’andazzo attuale - e per farlo, anzichè guardare al presente, s’ispirano al passato remoto. Lo fa grazie anche all’arrivo (in cantine storiche) di enologi con trascorsi professionali importanti in aziende non veronesi (e quindi liberi dai condizionamenti di stile valpolicellesi degli ultimi 10 anni). Lo fa perchè tanti produttori si stanno rendendo conto che il consumatore sta cambiando gusto. E lo fa per uno scatto d’orgoglio, avvertendo la necessità di prendere le distanze dai molti e sempre più diffusi vini furbetti, giocati solo su note di sovramaturazione, quando non addirittura appassiti e basta.
Read MoreLe degustazioni Superiori di Villa de Winckels
Da quando Amarone, Ripasso e una sempre più folta schiera di fantasy wines Rosso Veneto IGT dai nomi più o meno improbabili (ma che fanno tutti rima con… mento), sono diventati i vini top della Valpolicella (e quelle macchine da soldi che sappiamo), wine critics, wine lovers e consumatori in genere hanno finito per perdere di vista gli altri vini dell’area, relegandoli in qualche angolo della memoria e dell’interesse. Nessuno - eccetto pochi ostinati irriducibili, compresa chi scrive - s’interessa più del Valpolicella fresco, il Recioto è diventato roba d’antiquariato, e del Valpolicella Superiore si son perse le tracce.
O quasi.
Read MoreVini 4 stagioni
Ci sono vini che preferiamo bere in inverno e altri in estate; vini "autunnali" e vini "primaverili". Questione di temperature esterne, di cibi, perfino di personal mood. E poi ci sono i vini "4 stagioni": quelli che dove li metti, stanno. E stanno bene, perchè sono sempre buoni, equilibrati, non sgomitano per imporsi all'attenzione, accompagnano volentieri il piatto semplice e quello più pretenzioso. Sono così discreti che durante un pasto rischiano perfino di passare inosservati, se non fosse che alla fine se così soddisfatto da renderti conto che, a ben vedere, alla buona riuscita del tutto ha contribuito anche quel certo vino, come testimonia la bottiglia vuota.
Read MoreIl
Gusto d'Etna: 7 vini da provare
Da un recente breve tour in zona Etna, ecco qualche suggerimento circa alcuni vini che vale la pena cercare, stappare e bere, da soli o in compagnia.
Assaggi sparsi dal Vinitaly
Qualche (grato) ricordo di amici incontrati, ops, di vini assaggiati all'ultimo Vinitaly:
1) Quattro passi nel rosè. Facile e immediato il “Rosé del Cristo 2015”, di Cavicchioli, Lambrusco di Sorbara fermentato in bottiglia, color buccia di cipolla, è il complemento ideale di una pausa a base di chiacchiere, pane e salame. Succoso, sapido, fruttato, coerente al naso e in bocca con una bel finale secco il “Kotzner Merlot Krezer 2016” di Armin Kobler. Elegante al naso e in bocca “Aprile” della siciliana Fondo Antico, Nero d'Avola trasformato in fresca macedonia di chicchi di melograno e fruttini selvatici aciduli e dolci.
2) Interscambiabili, o quasi. Come quei gemelli identici che a scuola si scambiano di posto per strappare voti migliori nella materia in cui ciascuno eccelle, così il Tai Rosso con il Cannonau: facile rimanere ingannati da quella golosa fragolina di bosco che diresti Tai Rosso e invece è Cannonau alle sue prime fasi, così come pensi che sia Cannonau quel vino dalle note di erbe mediterranee e spezie e invece è un Tai Rosso Riserva. La degustazione (alla cieca) con il trucco dei vini di Nicola Dal Maso e della piccola, laboriosa Fattoria di Michele Cuscusa ha imbrogliato molti e divertito tutti.
3) L’enologia che verrà. Tutti parlano di cambiamento climatico, di vigneti che dovranno arrampicarsi sempre più in alto e vitigni che dovranno essere inattaccabili o quasi dalle malattie, ma pochi hanno già iniziato a fare sul serio. Gianni Tessari è uno di questi: non appena la varietà solaris è stata autorizzata in Provincia di Verona, lui l'ha piantata sulle colline di S.Giovanni Ilarione (2014). Innovativo che non rinnega la sua storia enologica, Gianni ha utilizzato per questo solaris in purezza quella fermentazione sulle bucce che aveva fatto la fortuna e il successo di un altro (suo) vino, il famoso "Bucciato" Veneto Bianco. E anziché utilizzare i lieviti selezionati come negli altri suoi vini, ha usato quelli indigeni. Il risultato è “Rebellis”, un bianco dalle spalle larghe con performance da vino rosso: tropicale al naso e in bocca, con sentori di mandorle e zafferano, tannico in bocca, rotondo e pieno.
4) Echi (campani) dal passato. I Romani erano maestri nell’arte dell’appassimento delle uve, e lo praticavano un po’ ovunque piantavano vigne, non solo nel Veronese dunque. Così può capitare che uno dei primi esempi di vino da uve appassite non dolce sia stato campano e infatti di un vino kapnios (affumicato) parlavano già Platone e Plinio il Vecchio. Il “Kapnios” dei nostri giorni è perciò un aglianico del Taburno di Masseria Frattasi raccolto a mano tardivamente (metà di novembre) e lasciato appassire per una trentina di giorni all’aperto. Il risultato è un vino molto piacevole, con tannini di seta grezza, di bella struttura, ricco di profumi mentolati e balsamici al naso e in bocca cui seguono note di uva passa e fruttini di rovo.
5) La Toscana che non tradisce. Chi, come me, predilige i passiti (soprattutto quelli dolci) pretende anche sempre il massimo da loro. Il passito dolce è uno dei vini più difficili da fare, ma nessuno obbliga un produttore a farlo, se non è capace e non lo ama. Per chi invece volesse avvicinarsi a questa tipologia, il Vinsanto di Montepulciano di Susanna Crociani ha molto da dire, in termini di eleganza, equilibrio, armonia tra le parti: noci e nocciole, prugne appassite, fichi secchi, buccia di arancia candita, caramello e molto altro. E in bocca è un velluto. Gran finale con i vini de Il Marroneto, che produce uno dei pochissimi Brunello di Montalcino davvero all’altezza della sua fama (mondiale): il “Madonna delle Grazie”. Fruttato (rosso e nero) e speziato (dolce, un tocco), pieno, equilibrato, elegante, pulito, appagante come pochi. Più che un Brunello di Montalcino, una garanzia di buon bere.
Proprio quando iniziavo a divertirmi con gli assaggi, Vinitaly ha chiuso i battenti. Arrivederci al prossimo, in programma dal 7 al 10 aprile 2019.