E’ uno dei vini più antichi della storia, citato da Plinio il Vecchio che lo mette al 4° posto tra i 195 vini da lui citati nel “De Rerum Natura”, e dal geografo Strabone che lo classificò tra i miglori della sua epoca. Piaceva anche a Giulio Cesare, che lo volle in tavola quando diede un banchetto per festeggiare il suo terzo consolato. Secoli di quasi generale oblio e adesso è di nuovo qui, a reclamare il posto che gli spetta nell’affollato panorama enologico italiano.
Parliamo del Mamertino, vino che nasce in provincia di Messina da una piccola DOC riconosciuta come tale solo nel 2004, ma le cui origini produttive risalgono appunto al tempo dei Romani. Già nel 289 a.C. infatti i Mamertini , popolazione d’origine campana che non mancavano, diciamo così, d’intraprendenza, avevano piantato viti nei dintorni di Milazzo, da cui ricavavano un vino molto apprezzato. Oggi il Mamertino si estende su meno 100 ettari in un’area che comprende 34 comuni interessando colline, boschi e rilievi. Un territorio dalla morfologia variegata, aperto sul mare, ma con altezze che raggiungono anche i 500 metri. Le tipologie ammesse dal disciplinare di produzione, adottato nel 2004 e successivamente modificato (la modifica più recente è del 2014) sono principalmente quattro: Bianco e Bianco Riserva; Rosso e Rosso Riserva; Calabrese o Nero d’Avola e Calabrese o Nero d’Avola Riserva e, infine Grillo -Ansonica, o Grillo – Inzolia.
A produrre vini Mamertino DOC sono soprattutto piccole aziende di famiglia, con una media di 3 o 4 ettari per azienda. La produzione annua è al momento di poco inferiore a 100 mila bottiglie, con un export price di 7 -7.50 Euro/bottiglia. “Sono piccole produzioni che devono essere spinte anche dal sistema ricettivo e dalla ristorazione locale e siciliana, ancora troppo poco coinvolta in questa fase di rinascita e comunicazione dedicata ai vini del Mamertino” dice Flora Mondello, produttrice dell’azienda Gaglio e presidente dell’Associazione Doc Mamertino (ADM) . Questa associazione, nata alla fine dello scorso anno, è il primo passo verso la nascita di un Consorzio, ma è soprattutto la manifestazione dell volontà dei produttori di portare avanti insieme la promozione e la valorizzazione di questo vino. Le cantine che ad oggi vi hanno aderito sono Antica Tindari, Barone Ryolo, Bongiovanni Giuseppe, Calderone Antonino, Cambria Vini, Feudo Solaria, Gaglio Vignaioli, Mimmo Paone, Planeta, Principi di Mola, Sapuri Cantina Siciliana, Vasari e Vigna Nica. Debutto ufficiale lo scorso Vinitaly, dove è stato possibile assaggiare anche molti vini.
Al di la’ della personalità che ogni azienda è capace di imprimere ai suoi vini, ciò che dovrebbe caratterizzare di più il Mamertino è il vitigno autocotono Nocera, originario proprio di Messina, di cui però oggi esistono meno di 30 ha. Al momento può essere presente solo in blend con altre uve a bacca nera, ma uno degli obiettivi dell’associazione è quello di dargli maggiore dignità permettendo di vinificarlo in purezza. Considerato un vitigno autoctono siciliano molto antico, a metà ‘800 fu introdotto anche in Francia, (Provenza e Beaujolais) dove si diffuse con i nomi di “Barbe du Sultan” e “Extra Fertile Suquet” (Mas e Pulliat, 1879). Chissà se, aumentandone la produzione, possa incontrare la fortuna del Nero d’Avola…
A titolo puramente d’esempio, ecco due vini Mamertino DOC:
Feudo Solaria: “Sullerìa 2013”, Mamertino Rosso Riserva DOC. Nero d’Avola, Syrah, Nocera sono il trio vincente di questo elegante rosso dai profumi sfaccettati dove emergono erbe mediterranee, spezie dolci, chiodi di garofano e chinotto. In bocca è lungo, setoso ,di bella struttura, con note di polvere di caffè.
Tenuta Lacco: “Solaria” , Mamertino Bianco DOC. Catarratto, Grillo e Inzolia sono alla base di un vino dalla tipica impronta mediterranea: al naso e in bocca è un tripudio di erbe selvatiche, frutta gialla tropicale e matura. Succoso e rotondo, sa di sole e di mare.