L’Etna è sicuramente una delle aree viticole più trendy del momento. Non c’è quasi produttore nel resto d’Italia (e non solo) che non aspirerebbe ad avere anche solo pochi ettari in questa zona dominata dagli oltre 3300 m del vulcano attivo (come anche di recente si è premurato di ricordarci) più alto d’Europa, e che si estende per 1200 km q.
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Gusto d'Etna: 7 vini da provare
Da un recente breve tour in zona Etna, ecco qualche suggerimento circa alcuni vini che vale la pena cercare, stappare e bere, da soli o in compagnia.
Tre vini siciliani - e un fuorisacco
Non c'è dubbio che Sicilia En Primeur rappresenti un'occasione imperdibile per farsi la bocca - letteralmente - sull'ultima annata dei vini isolani e su alcune precedenti. Il 2015 è stata una vendemmia , a detta dei produttori, a 5 stelle, perché tutti i diversi territori sono stati messi nelle condizioni di esprimersi al meglio, con tempi di raccolta spalmati su quattro mesi: c'è chi ha potuto iniziare già alla fine di luglio, e chi ha tirato avanti fino agli ultimi giorni di ottobre. I vini in assaggio, presentati da ben 52 partecipanti (su 79 aderenti ad Assovini), sono stati oltre 370, e ce n'era per tutti i gusti, i vitigni e gli stili. Gli assaggi alla cieca o al banco perciò, sono stati tutti interessanti, ma quelli più appaganti e divertenti, personalmente, non appartengono a questi momenti canonici, bensì a quelli più contestualizzati delle visite nelle aziende, dei pranzi e delle cene.
Read MoreMavrud, Xynomavro e Nerello Mascalese: i rossi della #DWCC15
Ammettiamolo: quando si parla di paesi produttori di vino, difficilmente la Bulgaria compare tra i– primi dieci che vengono subito alla mente. Eppure, fino a qualche decina d'anni fa, questo paese era un noto fornitore del mercato britannico, a cui dava in grandi quantità Cabernet Sauv, Merlot, Chardonnay e altri vitigni internazionali a prezzi del tutto competitivi persino per i produttori del Nuovo Mondo. Con un consumo interno quasi inesistente, l'unico sbocco per il settore vitivinicolo era l'ingombrante vicino (URSS), al quale rifilava la gran parte dei suoi vini base, e l'UK, per la quale, volendo andar sul sicuro, produceva le tipologie di vino più note.
Oggi, sopravvissuta non senza danni a qualche traversia interna - come le campagne di lotta all'alcolismo di Gorbaciov, che nel 1990 avevano già ridotto il vigneto bulgaro ad un quarto dell'estensione che aveva solo 5 anni prima - ed entrata nell'UE (ma non nell'euro) nel 2007, anche la Bulgaria sembra voler cercare un suo posto al sole nel mercato globale del vino. Se ci riuscirà o no, lo dirà il tempo, e la sua capacità di promuoversi e d'investire sulle sole, autentiche unicità che un paese produttore può vantare: i suoi vitigni autoctoni.
La recente edizione della Digital Wine Communications Conference, tenutasi a Plovdiv, ci ha permesso di farci un'idea, sia pure minima, di questi vini, che ai nostri giorni provengono da aziende private, attrezzate a a dovere, capaci di avvalersi anche di consulenti internazionali. Dagli assaggi fatti qua e la', devo dire però che nessun ricordo particolare si è fissato nella mente: i vini da vitigni internazionali sono esattamente come te li aspetti (a volte anzi un filino più rustici). Più espressivi ovviamente i vini da vitigni autoctoni, come il rosso Mavrud, soprattutto se in blend con il Rubin (un riuscito incrocio tra Nebbiolo e Syrah) : il Mavrud e Rubin della linea top "Monogram" di Villa Yustinaè un ottimo esempio di vino bulgaro ben fatto, con i suoi tannini di seta grezza, e i sentori di spezie dolci, frutti rossi di rovo e cioccolata. Sul fronte delle sperimentazioni con gli internazionali, piuttosto interessante è risultato il "Marselan Late Harvest" di Ivo Varbanov Winery(un vino tannico, ma con una forte impronta di violette e more mature), e il corposo Dragomir Riserva 2011 (Cab sauv e Merlot) dell'omonima azienda.
Sempre a proposito di vitigni rossi autoctoni, nella grande Walking Around Tasting in coda alla conference c'era solo l'imbarazzo della scelta, perchè oltre ai padroni di casa erano presenti molte aziende di alcuni paesi confinanti. Il banco della Grecia in particolare ha sfoggiato una gamma di vini bianchi, rossi e dolci che ha attirato la curiosità di molti (merito anche delle spiegazioni dell'effervescenteMaster of Wine Yannis Karakasis): impossibile perciò non citare il tannico Xynomavro, un'uva che richiede un sacco di tempo (e un accorto uso del legno) per dare un vino potente ma elegante. Ciò che però ricordo di più di questo tavolo è il "Samos Nectar Musct 2011", un Moscato d'Alessandria lavorato dalla Union of Winemaking Cooperatives of Samos: un cesto di albicocche appassite profumate di menta fresca e fiori di campo, con un finale di datteri e fichi secchi, mediterraneo e solare come solo pochi vini sanno essere.
Infine, il Nerello Mascalese etneo. Protagonista di una masterclass che ha visto il tutto esaurito nei posti, ha fatto la sua bella figura anche al banco, soddisfacendo la curiosità (e il palato ) di quanti (e sono sempre tanti, soprattutto tra i winelover esteri) favoleggiano della Sicilia e della sua muntagna...
I vini della montagna che respira: da Vulcania a ViniMilo
...quannu i nuvuli vannu a muntagna, posa la truscia c'annunca si vagna ("quando le nuvole vanno verso la montagna, posa la biancheria, altrimenti si bagna". Prov. siciliano).
A muntagna. Così i suoi abitanti chiamano l'Etna: "la" montagna. Per definizione. Non ne (ri)conoscono altre. Una parola che indica un luogo - meglio, un topos, cioè uno spazio che è anche mentale, non solo fisico - mutevole e imprevedibile, per quanto monitorato in tempo reale con rigore e ostinata passione da scienziati come il vulcanologo Salvo Caffo, dirigente del Parco dell'Etna.