In quanti modi si può comunicare? Con le parole - scritte e parlate - con le immagini - fisse e in movimento -, con i numeri, con la musica, con le arti, e con un fritto misto di tutti questi mezzi. Comunicare è un’arte, una professione, entro certi limiti anche un scienza: come farlo, dipende dal risultato che si vuole ottenere e dal bersaglio che si intende colpire. Per saperne di più, basta andare a in Fiera a Verona, al tradizionale Business Forum di Wine2Wine 2022 (7-8 novembre)
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Come dovrebbe essere una foto del vino per essere efficace?
Buon 2020 a tutti.
Abbiamo chiuso il 2019 con un’intervista ad un wine photographer britannico, dallo stile molto personale e a volte spiazzante; apriamo il 2020 con un altro professionista della scrittura con la luce, questa volta italiano: Mauro Fermariello. Gli abbiamo rivolto le stesse domande fatte a Matt Wilson, e queste sono le sue risposte. Divertitevi a metterle a confronto, e a riflettere con quale scuola di pensiero, fra le due, vi trovate più d’accordo.
Read MoreGiacomo Rallo: "Informare per formare"
Me lo disse all'alba di quella rivoluzione che il web e i suoi strumenti avrebbero portato anche nel mondo del vino, nel 2004, quando lo intervistai per un servizio che stavo preparando sul tema "La comunicazione e le aziende del vino", perché anche su quell'argomento aveva le sue idee. Giacomo Rallo, fondatore dell'azienda Donnafugata, andatosene all'improvviso, nelle prime ore di questa giornata, è stato uno dei grandi protagonisti della rinascita della Sicilia del vino: uno di quelli che ci credeva, alla sua terra, e ha sempre lavorato e lottato perché essa stessa si rendesse conto di quanto vale. Un cavaliere di nome e di fatto prima ancora che il presidente della Repubblica lo insignisse tale nel 2006, per meriti sul lavoro. Per questo oggi voglio riproporre che cosa mi disse, in occasione di quella intervista:
Read More#DWCC15: i vini, le storie
Il conto alla rovescia è iniziato da un pezzo; ormai ci siamo quasi. Dal 23 al 25 ottobre si terrà l'ottava edizione della Digital Wine Communications Conference, già European Wine Blogger Conference, l'annuale appuntamento internazionale (unico nel suo genere e perciò imperdibile, come la stessa Jancis Robinson dichiarò lo scorso anno) che riunisce dai quattro angoli della Terra professionisti e appassionati di vino e della sua comunicazione attraverso le nuove tecnologie.
Una volta ci chiamavamo semplicemente wine blogger*, perchè il blog era la principale piattaforma che usavamo, ma si parla di qualche anno solare fa, che per il mondo del web equivale ad alcuni secoli; più appropriato oggi parlare di comunicatori digitali, perchè tali sono gli strumenti che tutti usiamo, mobili o fissi che siano. Social networks, nuove piattaforme di storytelling (io per esempio uso molto questa), nuovi modi di condividere esperienze e scambiare idee tramite app: la comunicazione è cambiata, non è più quel monolite verticale in mano a pochi professionisti che usava esprimersi attraverso i tre canonici canali a senso unico del secolo scorso come stampa, televisione, radio.
Oggi è più orizzontale, aperta, democratica, fluida, informale, in costante evoluzione (e discussione). Chi comunica non usa più solo uno o due strumenti, ma cinque o sei, a seconda del momento, dell'oggetto, dell'occasione.
I nuovi comunicatori del vino amano i blend, degli strumenti e dei soggetti, proprio come il mondo del vino. E "Blend" sarà anche il tema conduttore del fitto programma di workshops e interventi previsto anche per quest'anno. Tutto come da programma dunque, come da 8 anni a questa parte? Non proprio. Forse, la cosa più inaspettata di quest'anno è proprio la location: dove si terrà il congresso? In un paese che difficilmente viene alla mente quando si parla di produzione di vino.
La Bulgaria.
La DWCC 2015 si terrà nell'antica Filippopoli, oggi Plovdiv. Passata la conference, sentiremo parlare ancora di questa antica città d'origine romana: nel 2016 infatti ospiterà il Concours Mondial de Bruxelles e nel 2019 sarà festeggiata come Capitale Europea della Cultura.
In attesa di quei momenti - più tradizionali e mainstream - i protagonisti della DWCC parleranno di alcuni grandi classici (wine communication, digital wine pr, wine tourism, open tech...) riveduti e aggiornati alle ultime tendenze del mercato, di nuovi approcci alla vendita diretta e di nuovi modi di realizzare le tradizionalissime (e spesso inutilissime) fiere del vino.
E ovviamente si parlerà (e si assaggerà) molto anche di vino. Vino bulgaro, greco, svizzero, siciliano. Nei due giorni e mezzo di conference sono previsti molti momenti di degustazione libera e guidata, con l'ausilio di alcuni Master of Wine e di massimi esperti internazionali di viticoltura: quest'anno, l'Italia sarà rappresentata dalla sottoscritta e dal socio Giampiero Nadali, con la collaborazione dell'amica Valeria Carastro, presidente della Strada del Vino dell'Etna e formatrice con l'Etna Wine Lab.
Sarà nostro compito, in qualità di temporary brand ambassadors della Doc Etna, condurre una masterclass sul Nerello Mascalese, sulla sua versatile personalità e le sue affascinanti sfaccettature: un vino che parla siciliano nelle sue molte varianti locali, ma capace di farsi capire da tutti i curiosi e i veri appassionati.
Per chi fosse interessato a seguire la conference nei suoi diversi momenti, l'hashtag ufficiale è #DWCC15.
E sulla rete saremo ovunque.
*ormai sono rimasti quasi solo gli italiani ad autedefinirsi così. Forse perchè una certa parte del mondo del vino nostrano non ha ancora metabolizzato il concetto, e ci vuole pazienza.
I 5 Sensi del vino...sul tablet e lo smartphone
Si dice spesso che la comunicazione del vino ha ormai il fiato corto, che bisogna trovare nuove modalità e nuovi linguaggi per svecchiarla, per adeguarla ai nuovi interessi e ai nuovi pubblici. Soprattutto ai nuovi mezzi (digitali), perchè riproporre sul web la solita formula del magazine cartaceo è tempo (ed energie) sprecato. Non funziona, semplicemente.
Mentre tanti in questo si affannano, in pochi fanno (sul serio). Una delle più insolite e, a mio avviso, azzeccate novità che finora mi sono capitate sotto gli occhi arriva dalla Spagna e si chiama "5 Senses Vino" . Non è un' app, anche se va scaricata come tale (qui per il mondo Android, qui per quello iOS), non è un web magazine, non è un game. Ma è un po' tutte queste cose insieme: un'esperienza multimediale, un modo nuovo - originale, divertente - di raccontare il vino.
La domanda più importante da fare a un produttore
La previsione arriva dagli esperti di Vinexpo: a partire dal 2018 il Regno Unito supererà la Francia come secondo più grande mercato di vino del mondo in termini di valore e si piazzerà alle spalle degli USA. Questo significa che nel giro di pochi anni i britannici spenderanno in vino ancora più soldi di quanto non facciano già ora. Peccato che l'astronomica cifra ipotizzata - 11 miliardi di sterline l'anno - sia dovuta più alle altrettanto astronomiche tasse che i consumatori di Sua Maestà pagano su ogni bottiglia, che non ad un aumento in generale del numero di bottiglie vendute, o all'aumento di prezzo delle stesse. Entrambi questi fattori sono presenti, ovviamente, ma il peso delle tasse è preponderante. Never mind, come si dice, la passione per il vino è ormai un dato di fatto, e quel che più conta è che la gente sembra aver superato la fase iniziale relativa a quel sentimento di inadeguatezza - paura di sbagliare che coglie chi vorrebbe semplicemente bere vino ma è consapevole di non capirci nulla: ora i britons col vino si divertono e basta.
Parola d'ordine 2015: formazione
E' una cosa di cui le aziende del vino non si sono mai eccessivamente preoccupate (salvo casi sporadici): piuttosto che in risorse umane, meglio investire in reti vendita (assumendo agenti possibilmente già esperti, così si guadagna tempo), attrezzature di cantina, ristrutturazioni, ampliamenti aziendali.
Le risorse umane e la loro formazione non sono mai state una priorità, nel mondo del vino italiano. Peccato che oggi spesso siano proprio queste, invece, a fare la differenza: gente che padroneggia le lingue straniere e le nuove tecnologie per migliorare la produttività e il servizio al cliente, persone dotate delle necessarie flessibilità, cultura, preparazione tecnica, coraggio e creatività per esplorare non solo nuovi mercati, ma soprattutto nuovi canali di vendita e nuovi approcci ai differenti segmenti di mercato.
Cercasi Mario (quasi) disperatamente
Il fatto è noto.
Ogni giorno, nella casella di posta di chi scrive di vino piovono decine di comunicati stampa, la maggior parte dei quali finisce dritto nel cestino, tanto lo sappiamo che sono fatti più per lustrare l'ego dei clienti che non per dare vere notizie/informazioni (le quali sono più rare di quanto il flusso di comunicati voglia far credere).
Ma è il gioco delle parti. Gli uffici stampa (che da tempo hanno rinunciato a educare i clienti, e si limitano ad assecondarli) continuano a sfornare comunicati, i clienti li pagano per questo, i giornalisti che li ricevono li cestinano, e son tutti contenti.
A volte però capita che nella casella ti piova il comunicato giusto, - cioè interessante/curioso.
Quale comunicazione per il vino?
L'interrogativo si pone ciclicamente, alternandosi con altri, tutti ugualmente (per il momento) irrisolti/irrisolvibili, come la contrapposizione vino convenzionale-vino biologico/biodinamico, il caro-vita al ristorante, il calo dei consumi di vino in Italia, spumanti italiani vs Champagne, ecc.
Non c'è verso, ogni 2-3 mesi da qualche parte si riaffaccia la questione "quale comunicazione per il vino". A ridosso del Vinitaly, non c'è niente di meglio - e soprattutto di originale, di cui dibattere.
Anch'io voglio essere originale, perciò ecco i miei 2 cents:
Brand e Doc, un rapporto problematico
In un pezzo dell'ottimo Maurizio Gily sull'ultima newsletter di Millevigne si parla, tra l'altro, di un argomento quanto mai attuale: la nuova pelle dei Consorzi di Tutela dopo il ciclone OCM vino, in particolare per quello che riguarda la comunicazione istituzionale.