In principio fu il sito web.
Erano gli anni '90, e nel bel mezzo della generale sbornia d'entusiasmo per i (ri)trovati fasti del vino italiano, non c'era praticamente azienda che non stressasse consulenti, p.r., uffici marketing, comunicazione e pubblicità per aprire il sito Internet.
A poco o nulla servivano i tentativi di arginamento di alcuni ("Perchè vuole aprirlo? Come pensa di utilizzarlo? Chi lo seguirà?"): i più incassavano il "voglio" e accontentavano il cliente, lisciando cinicamente il pelo al suo narcisismo con un bel sito emozionale farcito di foto, animazioni in flash e irritanti musichette.
Il tutto ovviamente costava un botto, (soprattutto all'inizio di quest'epoca di bengodi), pesava qualche kilo(...grammo...), e nella quasi totalità dei casi si riduceva alla versione elettronica della brochure aziendale, con l'aggravante che, passati i primi momenti di entusiasmo per la novità, l'azienda si stancava presto del giocattolo e lo abbandonava a se stesso.
Ancora oggi il web è pieno di questi malinconici siti, che non servono a nessuno e sono assolutamente deleteri per l'immagine dell'azienda, poichè trasmettono l'impressione di una vetrina polverosa e piena di ragnatele.
Mutatis mutandis, oggi siamo daccapo: tutti vogliono i social media. Quasi nessuna azienda del vino sa di cosa sta parlando, tutti li identificano (soprattutto) con Facebook e Twitter, ma se domandi loro qual'è la differenza tra i due vanno nel panico.
Poco importa: il nuovo must è diventato la pagina su Facebook e l'account su Twitter. I più coraggiosi azzardano anche il blog aziendale. Le delusioni che di lì a poco quasi sempre si verificano sono perfino più cocenti di quelle vissute una ventina d'anni fa.
C'è un modo per evitare di ri-cadere in errori già commessi, o meglio ancora, per avere successo in essi? Ma certo. Sono 3 parole -chiave:
1) Obiettivo;
2) Tempo;
3) Disciplina.
I risultati arriveranno.