L'aroma nell'uva? Una questione di geni

Non c'è dubbio che le uve aromatiche partono in pole position: facile ricavare dei vini accattivanti e profumati, quando già le uve lo sono. Oggi possiamo dire a cosa sia dovuto questo naturale talento del profumo: grazie alle ricerche degli studiosi dell'Istituto di San Michele all'Adige, sappiamo con scientifica certezza - chè già era facile intuirlo - che è tutta una questione di geni. 

Dopo aver decodificato il genoma della vite, in particolare del pinot nero, adesso il gruppo di genomica applicata del Centro Ricerca e Innovazione dello IASMA ha scoperto il gene che determina l'aromaticità delle uve: il DXS.

Le ricerche hanno portato ad associare le sue variazioni alle caratteristiche aromatiche di 150 vitigni che producono uve a diversa intensità aromatica, contenute nella collezione dell’Istituto Nazionale di ricerca agronomica di Montpellier. 

La ricerca, pubblicata recentemente sulla rivista BMC Plant Biology, ha evidenziato che il cambiamento di un amminoacido nella proteina codificata dal gene è responsabile dell’accumulo di monoterpeni nell'acino d'uva, e dunque della comparsa del tipico aroma moscato nelle piante che portano la variazione genetica

Non è finita: contestualmente, i ricercatori hanno sviluppato anche un metodo basato sul Dna in grado di stabilire con estrema precisione se una vite può produrre uve aromatiche oppure neutre.

Un vantaggio per i tempi di sperimentazione: infatti al momento sono allo studio numerose piantine ottenute da seme nei programmi di miglioramento genetico, e che potranno essere selezionate in base al loro corredo genetico senza dover aspettare che la vite entri in produzione. Il test del Dna infatti, estratto da un piccolo lembo fogliare della piantina appena germinata, indica con precisione se l’uva di una certa pianta avrà o no l’aroma moscato.

Combinato con altri test molecolari che predicono, per esempio, il colore e la resistenza a certe malattie, questo approccio permetterà di scartare già ai primissimi stadi di sviluppo la maggior parte delle piante ottenute dagli incroci, per concentrare l’attenzione solo sugli individui che garantiscono le combinazioni dei caratteri desiderati per le varietà del futuro, con una notevole riduzione di costi, spazi e tempi.