La prima volta che andai ad una conferenza (affollatissima) di Nicolas Joly fu più di 10 anni fa. La biodinamica era ancora un argomento (abbastanza) da iniziati, ma c'era molta curiosità. Tornai a distanza di pochi mesi a ri-ascoltarlo, e soprattutto ad assaggiare i suoi vini che sì, devo dire mi piacquero molto e mi restarono impressi per l'originalità dello stile. Da allora ai giorni nostri, l'interesse per la biodinamica è continuamente cresciuto - e, ahinoi, si è anche molto estremizzato, nei toni e negli atteggiamenti.
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Mai di foglie (o di radici)
Avviso: questo post ha un sapore intenzionalmente empirico, anzi, esoterico. I positivisti estremi sono pregati di leggere qualcos'altro (per esempio, questo).
Seguo da sempre, con estrema curiosità e interesse, il mondo della vitivinicoltura alternativa più estrema, comunque si chiami (naturale, biodinamica, biotica, bio-quel-che-volete). Lo seguo e, quando mi capito, ne bevo i vini con alterne fortune: devo dire che inizialmente - molti anni fa - i vini non convenzionali erano (forse) fatti meglio, ed era facile imbattersi in qualche vino davvero buono. Oggi - sfortuna mia, sicuramente - mi capita più di rado, quasi che i produttori non convenzionali di ultima generazione siano più ansiosi di convincerti che il loro vino è buono a forza di parole, senza aspettare che sia tu a dirlo (probabilmente non si fidano dei tuoi sensi).
La vitivinicoltura biodinamica è una bufala. O no?
Il dibattito è sempre in corso: biodinamica sì o no? Con il manicheismo che li contraddistingue, negli USA c'è persino chi si è preoccupato di aprire un blog per dimostrare che la biodinamica è una bufala colossale. Non diverso l'atteggiamento di chi (italiano) la reputa la rovina delle aziende, perchè ingenera false illusioni e aspettative in seguito puntualmente smentite dai fatti.
Eppure...