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Il Suono dello Champagne

May 02, 2023 in Reviews

Nella degustazione tecnica di un vino, di solito ci si concentra su una serie di dettagli sensoriali: il colore, le sfumature, la viscosità del liquido nel bicchiere, l’insieme dei profumi, il gusto, la struttura, la persistenza, eccetera. In pratica, tutti i nostri sensi vengono messi al lavoro. Tutti, in genere, eccetto uno: l’udito. L’udito viene sollecitato solo al momento della stappatura e, al massimo, del versamento del vino nel bicchiere. Ma non ci si fa caso più di tanto. A meno che non sia uno spumante: il plop di un tappo di spumante ha sempre un suo fascino - ma, anche qui, non si va mai oltre l’emozione del momento.

L’ultima uscita editoriale di Ampelos - la piccola e coraggiosa casa editrice che ha deciso di focalizzarsi solo sul mondo del vino, in tutti i suoi aspetti, inclusi quelli meno cool e trendy - prende spunto proprio dal senso dimenticato, l’udito: “Il Suono dello Champagne” di Pietro Palma*, ottimo esperto e divulgatore del celeberrimo metodo classico francese è un libro per tutti gli appassionati di questo vino che, come scrive Gabriele Gorelli MW nella sua prefazione, “non cresce sulle nuvole, ma dal suolo. Non si nutre di favole, ma di acqua, dell’energia del sole e di sali minerali. Non nasce grazie a improvvisi colpi di genio, ma è frutto di un lavoro scrupoloso e programmato nei minimi dettagli”. Sappiamo tutti che qualsiasi vino, anche il più semplice, è pur sempre il risultato di una serie di scelte, perché ogni anno, e a ogni vendemmia si presentano una serie di variabili che, per quanto possano apparire simili un anno dopo l’altro, non sono mai del tutto uguali, e implicano di conseguenza una serie di scelte che vanno a incidere sul vino finale. Nel caso dello Champagne questa situazione si presenta all’ennesima potenza, e gestire l’imprevedibile è la sfida quotidiana di ogni produttore di Champagne, grande o piccolo che sia, sconosciuto o famosissimo. Come l’autore spiega fin dalle prime pagine, e poi sviluppa nei 14 capitoli del suo libro, ogni bottiglia di Champagne è la summa di secoli di storia, di scienza, di ricerca e di innovazioni. E’ una enciclopedia liquida decisamente più ricca, sfaccettata e interessante di tanto frusto e pigro story-telling che dello Champagne dice sempre le stesse cose, ovvie e banali, solo perché son facili da dire e tutti le capiscono. Con uno stile diretto, quasi colloquiale, in questo libro Palma spiega come nasce uno Champagne, dal campo alla tavola - e alla degustazione.

Ma perché parlare di “suono”? Perché, spiega l’autore, ogni Champagne è come uno spartito di musica: nasce nella testa del compositore, che poi deve realizzarlo attraverso una serie di fasi e ricorrendo a numerosi strumenti, ciascuno dei quali deve essere accordato ad hoc, in modo che la musica finale (il vino finale) sia la riproduzione il più possibile fedele del progetto originario. Come per la composizione musicale, non c’è mai nulla di facile e scontato nel produrre uno Champagne: per fortuna, arrivare a scoprire  come ciò avviene non richiede al lettore grandi sforzi mentali. Ciò che rende questo libro un must, scrive in quarta di copertina un altro grande eno-divulgatore come Armando Castagno, “è il suo donare a chi legge una visione d’insieme, seppure ravvicinata, del fenomeno Champagne, minando così il muro che tiene separati noi comuni mortali e i nostro miti inarrivabili”.

Se amate lo Champagne, questo è il libro giusto per imparare a conoscerlo davvero.

*Ambassadeur du Champagne 2018 ed enotecario

Tags: Champagne, Edizioni Ampelos, Pietro Palma, Gabriele Gorelli MW, musica
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Perché il vino è un prodotto della natura. E la natura ha i suoi tempi. Non i nostri, sempre così affannati, nevrotici, insufficienti. Per fare un grande vino ci vuole tempo, per fare un bambino ci vuole tempo, per fare del pane (quello buono) ci vuole tempo, tempo... e tranquillità. Anche per scrivere ci vuole tempo, perciò non pensiate di trovare nuovi post ogni santo giorno. Prendetevi tempo per leggere queste pagine. E lasciatene un po’ anche a me: ad essere pigro non c’è solo il vino.


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