Si scrive grillo, si legge Sicilia

Un viaggio in Sicilia, e si torna ubriachi. Non (solo) di vino, ma di tutto. Di profumi, colori, suoni, sapori, paesaggi, persone. 

E' una terra dove tutto s'amplifica naturalmente: il sole sembra più giallo e più caldo, il mare è più azzurro, il cielo più blu, l'erba più verde, i tramonti più rossi. Per chi è geneticamente abituato a estrarre l'intensità da qualsiasi cosa, perchè climi e territori e persone sono più riottosi e chiusi, un viaggio in Sicilia spiega tante cose; ti spiega perchè in passato si chiamava Magna Grecia (una colonia considerata più grande, in tutti i sensi, della madrepatria), perchè sia sempre stato un crocevia di popoli d'ogni razza e colore (dai Fenici agli Spagnoli, passando per i Normanni e gli Arabi) e, venendo ai temi a noi più familiari, perchè possa vantare un lusinghiero patrimonio di vitigni autoctoni, bianchi e rossi, che solo in tempi recenti stanno tornando d'attualità. 

Il generale recente ritorno d'interesse per i vitigni autoctoni è il vento che soffia in poppa alla barca della ricerca ampelografica, una sorta di sentiment positivo che incoraggia un ente come il Centro per l'innovazione della filiera vitivinicola E.Del Giudice di Marsala a insistere nei suoi programmi di ricerca, forte di un consenso crescente e dell'attenzione dei produttori siciliani. 

Durante una nostra recente visita al vigneto sperimentale di Biesina, dove abbiamo potuto assaggiare numerose varietà di uve locali, vecchie ("reliquie", oggetto di un progetto di ri-scoperta e valorizzazione) e nuove, l'enologo e ricercatore Giacomo Ansaldi, responsabile tecnico del Centro stesso, ha insistito in particolare sull'uva grillo, e sui suoi due biotipi: A e B. 

Il primo più diffuso e generoso, il secondo più raro e spargolo (inutile dire quale dei due è più pregiato, e da' vini piiù caratterizzati)

Perchè il grillo? Non solo perchè è l'uva bianca più diffusa in Sicilia Occidentale, e nemmeno perchè è la base del famoso Marsala: ma anche, io credo, perchè sembra essere la quintessenza della sicilianità del vino.

Il grillo è vitigno versatile, ricco, strabordante, a volte perfino eccessivo, nei profumi e nel gusto: sa dare ottimi vini sparkling metodo classico, ma anche vini fermi giovani, invecchiati, passiti, liquorosi, e si adatta senza sgomitare perfino negli uvaggi.

Accompagna gli aperitivi come i piatti di carne più importanti. 
E' un vino che si beve col naso e si mangia col cibo: strutturato e gustoso, fresco, tropicale e agrumato. Oppure importante, scuro, mediterraneo, elegantemente snello.

Un vino barocco, nel senso più positivo e artistico del termine. Non riusciresti a pensarlo in un altro luogo diverso dalla Sicilia, anche se probabilmente crescerebbe bene anche da qualche altra parte.

Ma forse - anzi, senz'altro - non avrebbe il colore del sole a mezzogiorno, il profumo dei cedri e delle erbe mediterranee, il gusto degli agrumi rossi e della frutta gialla tropicale, venata da una punta di sale.

Delle molte degustazioni fatte nei giorni del tour in Sicilia Occidentale, dei moltissimi, fantastici vini con grillo in purezza (e in blend) assaggiati, questi sono solo alcuni di quelli che ricordo più facilmente:

Fondo Antico: "Grillo Parlante" 2012 : un easy drinking bello fresco, rotondo e tropicale, di un classico stile fruttato.

Marco De Bartoli: "Grappoli del grillo" 2011: sentori più scuri, di frutta molto matura, al naso in bocca, con un legno ben integrato, lungo e bilanciato nella struttura.

Fazio Wines: Aegades, Grillo Erice Doc 2012: elegante ed equilibrato nei profumi di frutta e fiori gialli al naso e in bocca.

Caruso & Minini: "Timpune", 2012: sontuoso e ricco, con profumi di crema, molto articolato, fruttato e lungo anche al gusto.

Barraco: Grillo 2011: già il colore più intenso e scuro dei precedenti prelude ad un vino inizialmente non facile, perchè il naso sa più di biscotto che di frutta. Ma dopo qualche minuto, come tutti i "nat", evolve nel bicchiere, si affaccia la frutta gialla stramatura, la mela cotta al forno e la mela cotogna.

E quella punta di ossidazione che fa tanto Marsala, quello vero, però.