Rosé e reggae music, ecco la mia idea di estate.
Non che io non beva vini rosati anche in ottobre o a febbraio ma, complice forse il loro colore, li trovo perfetti soprattutto per le atmosfere estive.
Per fortuna dei produttori degli oltre 22 milioni di ettolitri di rosé di tutto il mondo, il resto dei consumatori non si lascia suggestionare più di tanto dalle stagioni, e consuma rosati tutto il tempo dell'anno. In alcuni Stati, bevono quasi solo quelli.
All'ultimo Vinexpo, l'agenzia France AgriMer e il Conseil Interprofessionnel des Vins de Provence hanno presentato gli ultimi dati del loro interessante Osservatorio sui vini rosati a livello globale, e da questo, tra l'altro, risulta che:
- a partire dal 2007, la produzione di questa tipologia di vini è andata crescendo (sia pure lentamente ma costantemente) in tutto il mondo e oggi rappresenta il 9% della produzione vinicola mondiale;
- ovviamente, il primo paese produttore di rosati è la Francia, con 6,5 milioni di ettolitri nel 2011, seguita però a ruota da Italia, USA e Spagna; da soli, questi tre paesi fanno il 74% della produzione di rosé nel mondo.
Ma ... c'è rosé e rosé, e quello che piace all'Uruguay, per esempio (che con la Tunisia si dimostra la nazione più appassionata a questa tipologia: più del 60% dei vini che bevono sono rosati, in maggioranza locali) non è detto che piaccia ad un tedesco o a un italiano.
Analizzando oltre 900 vini da 40 diversi paesi, è apparso che la discriminante principale - colore a parte, che tende ad essere sempre più intenso con l'aumentare della qualità del vino - è il quantitativo di zucchero residuo: sebbene la maggioranza dei rosati prodotti siano secchi (zuccheri residui inferiori a 4 gr /litro), negli USA, oltre il 70% dei blush wines ha più di 20 gr/l di zucchero, e in Germania, solo meno del 5% dei vini rosati venduti ha zuccheri inferiori a 4gr /l. Viceversa, 3 bottiglie su 4 di rosati francesi o spagnoli sono vini secchi.
A Verona, dove grazie alla produzione sul Lago di Garda abbiamo una tradizione di chiaretti di tutto rispetto, proprio questa tipologia sta conoscendo negli ultimi anni un ritorno di fiamma molto promettente, sia sui mercati che nella critica internazionale. Infatti, per chi se lo fosse perso, all'ultimo Mondial du Rosé, in Francia, le 3 medaglie d'oro portate a casa dall'Italia erano tutte targate Bardolino Chiaretto: due sono state assegnate alle bottiglie delle sempre più brave sorelle Claudia e Giulia Benazzoli dell'omonima azienda (per i loro Bardolino Chiaretto e Bardolino Chiaretto Spumante), la terza è andata ad un'altro trio familiare, i fratelli Fausto, Elena e Federica Zeni, per il loro Bardolino Chiaretto Classico "Vigne Alte".
“Questo nuovo successo del Chiaretto, oltretutto ottenuto dalle giovani leve della nostra denominazione d’origine – ha detto in quell'occasione Giorgio Tommasi, presidente del Consorzio di tutela del Bardolino –, conferma i passi da gigante compiuti da parte dei nostri vignaioli. Non è un caso che in cinque anni siamo passati da 5 a più di 10 milioni di bottiglie di Chiaretto vendute in Italia e nel mondo. Simili incrementi si raggiungono solo spingendo sulla qualità, e i premi che i nostri produttori conseguono da parte della critica nazionale e internazionale confermano appieno le positive impressioni dei nostri clienti, che in questi anni ci hanno permesso di diventare la denominazione leader nel panorama italiano dei vini rosati”.