Qualcuno un giorno ha detto della moda che è "il disprezzo per il passato prossimo e l'amore per il passato remoto".
Probabilmente qualcosa del genere si potrebbe dire anche della tecnologia in cantina. Fino a qualche anno fa infatti la barrique francese era considerata l'ultimo grido dell'innovazione, un must, il non plus ultra; oggi il suo uso è molto meno esaltato (ed esaltante), almeno in certe zone, mentre si torna a guardare con curiosità e interesse a materiali che, fino a ieri, erano considerati con sufficienza un retaggio dei preistorici tempi del vino anonimo e di quantità.
Uno di questi materiali è il cemento.
Chiunque abbia mai visitato una (più o meno) vecchia cantina sociale (ma non solo: anche qualche azienda privata), avrà notato quelle enormi vasche di cemento, un tempo utilizzate per la fermentazione e in seguito relegate al ruolo di puri serbatoi di stoccaggio del vino tra un imbottigliamento e l'altro, troppo oneroso il fatto di doverle smantellare per far posto a più razionali fermentini in acciaio. Oggi, smaltita almeno in parte la sbornia del legno piccolo e tostato, e con più di un fondato sospetto che l'acciaio inox, così decantato per il suo essere inerte nei confronti del vino, forse tanto inerte non è, e che qualcosa - non si sa bene cosa: vibrazioni?...molecole? - finisce per cederla, ecco ritornare d'attualità sulla scena enologica i contenitori in cemento. In un recente viaggio nella regione vinicola del Priorat ne abbiamo visto più di uno, e di forme diverse, le più diffuse delle quali sono a tronco di piramide (come quelle nella foto d'apertura, scattata nell'azienda Ferrer Bobet) oppure ovoidale (un bell'uovo di cemento fa sempre la sua figura). Ovviamente, ci hanno spiegato, il loro uso è ancora abbastanza sperimentale (questi tank non sono come quelli che si usavano un tempo), i rivestimenti interni possono essere diversi, le forme anche, ma i primi risultati sono molto positivi.
Forse, la ricerca di uno dei tanti Graal del mondo del vino - il contenitore ideale per la fermentazione di qualsiasi vino, bianco o rosso - è arrivato, se non alla meta, senz'altro ad un punto interessante. E del resto, gli europei non sono soli in questo revival nostalgico del cemento, perchè anche oltreoceano si stanno dando da fare, per esempio dalle parti di Walla Walla (Washington). Anche qui, gli esiti sono incoraggianti, dicono gli enologi, perchè il cemento permette una ossigenazione del vino graduale come il legno, ma senza le cessioni più o meno saporite di quest'ultimo.
Il cemento insomma sarebbe un più che soddisfacente compromesso tra i due materiali, che permetterebbe di ottenere vini più freschi, più puliti, meno disturbati da sentori di rovere o da dolcezze estranee all'uva, ma anche privi di certe sensazioni di durezza al palato, tipiche dell'acciaio.
Certo, questo ritorno di un grande classico ha un costo, non piccolo: quello della gestione e della manutenzione. dei serbatoi in cemento. Per spostare questi manufatti in calcestruzzo sono necessari argani speciali, e anche la pulizia interna è tutt'altro che semplice, perchè non possono essere utilizzate le sostanze che normalmente si usano per lavare barrique e vasi in acciaio (dall'acqua al vapore al cloro, all'ozono) perchè li danneggerebbero... Ma queste controindicazioni non sembrano scoraggiare i produttori di vino, che anzi sempre più di frequente accostano il cemento al legno all'acciaio alla terracotta.
Perchè, sì, anche la terracotta - quella delle anfore - sta tornando alla grande.
Abbiamo buoni motivi per pensare che questo dei contenitori - per fermentare, maturare, affinare - sarà uno dei trend topic del mondo del vino dei prossimi anni...