Amarone Classico della Valpolicella Riserva Sergio Zenato: la verticale

L'occasione era di quelle importanti: i festeggiamenti per il (primo) mezzo secolo di vita dell'azienda Zenato, con visita al vigneto Costalunga di Sant'Ambrogio di Valpolicella. Una trentina di ettari che si estendono sul versante collinare che da' sul Lago di Garda, quasi a fare da trait - d'union tra l'origine e la vocazione luganista dell'azienda e la sua passione per i grandi rossi valpolicellesi.

In una giornata nella quale le condizioni meteo hanno fatto del loro meglio per guastare (senza riuscirci) la festa, alternando dispettosamente un sole accecante a scrosci di pioggia improvvisa, proprio tra le vigne di Costalunga la famiglia Zenato è riuscita ad organizzare una piccola verticale del loro Amarone Classico della Valpolicella: le annate scelte sono state il 1995, il 1990, il 1988, il 1985, il 1980.

Spesso lo dimentichiamo, ma quando si stappa una bottiglia è come se si mettesse in moto la macchina del tempo: si torna indietro, a volte molto indietro, a condizioni e situazioni dimenticate. E uno degli errori più clamorosi che si possono commettere è quello di giudicare un vino di 10, 20 e più anni fa con gli occhi, i gusti, la sensibilità (e la preparazione) di oggi. Viceversa, se si affronta questo genere di degustazioni con una impostazione mentale di tipo storicistico, cioè riconducendo i vini nel contesto storico, produttivo e tecnologico in cui sono nati, diventa più facile capirli.

Ecco allora che l'Amarone annata 1995 si rivela un esemplare coerente con i gusti di quel decennio, dove alla finezza si preferiva l'esuberanza e la muscolarità del frutto: nel bicchiere presenta un colore rubino non troppo denso, con sfumature mattone, mentre al naso i profumi sono scuri, di china, grafite, viola. In bocca predomina la ciliegia sotto spirito, la polvere di caffè, la marasca macerata. Più potente che elegante, gioca di sciabola e non di fioretto.

Il 1990 non si discosta molto dal precedente: il colore è sempre rubino scuro non fitto, ma i profumi sono più fruttati e floreali (scuri). Al gusto la ciliegia sotto spirito è screziata da una sfumatura vegetale, segno che il corvinone utilizzato nell'uvaggio non era arrivato a perfetta maturazione (e le note sull'annata lo confermano: l'estate del '90 era stata meno calda nel finale di maturazione). Note fresche e balsamiche sono bilanciate da qualche accenno di polvere di cacao amaro, struttura un po' esile per il tenore alcolico. I tannini levigati  rendono il sorso piacevolmente setoso.

E arriviamo agli anni '80: gli anni difficili del metanolo, ma anche quelli della reverenza, quasi della soggezione che ancora i produttori nutrivano nei confronti dell'Amarone, "l'amaro grande", il vino delle occasioni migliori, da conversazione e fine pasto. Il 1988 si apre con un naso elegantissimo ed evoluto: complesso e sfaccetato, sa di fiori secchi, piccoli frutti macerati, china. Il colore ovviamente comincia a tendere al mattone, ma in bocca non c'è traccia di ossidazione: è un Amarone ottimamente equilibrato, succoso, coerente con i suoi profumi, persistente, con una chiusura intrigante su note di rabarbaro e genziana. A mio avviso, il migliore della batteria.

Il 1985 presenta un colore rubino con qualche sfumatura aranciata, profumi golosamente dolci (cioccolato amaro) rinfrescati in bocca da una sfumatura balsamica che si affaccia tra molte ciliegine sotto spirito. Ottima la bevibilità, bello l'equilibrio tra le varie componenti.

La chiusura in bellezza avrebbe dovuto essere dell'annata 1980, peccato che la bottiglia toccataci non fosse delle migliori: al naso i profumi ci sono apparsi un po' indistinti, con un principio di ossidazione. Per fortuna, all'assaggio il vino si è rivelato per quello che è: un Amarone ancora fresco, con una bella acidità, note di tabacco, prugne, pepe nero che sfumano in una chiusura equibrata, a dimostrazione che questa tipologia di vino (tappo permettendo!) da' il suo meglio nella maturità piena, e che a volerlo troppo presto - come accade oggi - gli si impedisce semplicemente di crescere, e ci si priva di esperienze sensoriali di gran lunga più interessanti e profonde...