C'era il giornalista (poco) eno-(ma molto)gastronomico ben piazzato davanti al banco degli affettati, pronto a passarli in coscienziosa rassegna dopo aver fatto altrettanto con il banco dei formaggi; c'erano i colleghi giornalisti ormai rotti a questo genere di manifestazioni che si alzavano stancamente dal tavolo delle degustazioni alla cieca: "Beh? come sono, 'sti Amaroni del 2008?" "Scomposti".
C'era l'amico produttore giunto da altra regione per ascoltare chissà quali rivelazioni sul futuro dell'Amarone (d'altra parte, il titolo della relazione recitava "L'Amarone della Valpolicella nel mercato internazionale: punti di forza e idee per migliorare"), e rimasto perplesso (come tanti) davanti ad una relazione che in gran parte ha ripetuto i risultati principali di una ricerca del 2006 e ha spiegato come si strutturerà la prossima (frase chiave: "I punti di forza del sistema Amarone sono ancora quelli identificati dalla ricerca del 2006. Ma anche quelli di debolezza non sono cambiati e oggi appaiono, semmai, più gravi. Le prospettive di crescita in termini di valore dipenderanno perciò da quanto le aziende avranno saputo modificare il rapporto tra i loro punti di forza e di debolezza". Cosa che sarà appunto oggetto del prossimo studio).