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Un tipico trullo

Amalberga, e il Ritorno dell'Ostuni DOC

December 01, 2025

Nota soprattutto per rossi come il Primitivo e il Negroamaro, la Puglia è una regione per certi versi sottovalutata, nelle sue potenzialità enologiche. Non si parla mai abbastanza dei suoi bianchi autoctoni, per esempio, una tipologia sui quali ha invece scommesso le sue carte una giovanissima realtà enologica: la Cantina Amalberga di Ostuni. Nata appena una decina d’anni fa da un progetto imprenditoriale di due amici, Dario De Pascale e Roberto Fracassetti, si trova in valle d’Itria, celebre anche per i suoi trulli.

“Siamo a circa 330 m/slm - spiega Dario - in un territorio che ospita anche la DOC Ostuni, la più vecchia della Puglia (1972). Una denominazione che lo scandalo del metanolo prima e i contributi agli espianti dopo, fecero quasi sparire dalla carta geografica. Erano 4600 ettari, oggi non arrivano a 10.”

Girando per i vigneti, continua Dario, è facile imbattersi in vigne abbandonate, all’interno delle quali si possono trovare anche antiche varietà di cui nessuno si ricorda quasi più. Come il Francavilla (o Francavidda) e l’Impigno, per esempio. “Oggi il nostro intento è recuperare questi e altri vitigni analoghi, perchè la nostra posizione gode di microclima ideale per queste uve. Tra giorno e notte ci sono forti escursioni termiche, con sbalzi anche di 20 gradi”. Mentre il Francavidda appare un po’ più coltivato, di Impigno sono rimasti solo 4 ettari, in tutta Italia.

E’ attorno a questi vitigni e al progetto di recupero delle reliquie locali che De Pascale decide di lasciare la sua attività in un altro settore e di lanciarsi nel mondo del vino. Con l’aiuto dell’amico bergamasco Fracassetti nel 2015 costituisce una società, alla quale nel 2022 aderisce anche un terzo socio, Roberto Candia, di Vicenza. Oggi De Pascale si occupa dei vigneti in regime biologico, mentre la parte enologica è seguita dal consulente Valentino Ciarla, con cui collabora l’enologa in-house, Gloria Battista.

Ma la ragion d’essere di questa azienda - la mission, direbbe qualcuno - non si limita al rilancio della DOC Ostuni o allo studio delle antiche varietà, ma anche al coinvolgimento degli appassionati con una offerta enoturistica di alto livello. La struttura stessa è stata progettata e voluta con questo scopo, parallelamente all’obiettivo della produzione di vino. Il progetto, avviato oltre dieci anni fa, ha visto finalmente la luce lo scorso anno: “La cantina è progettata con uno sguardo al futuro e alla sostenibilità – continua De Pascale – rispettando il suolo e puntando all'efficienza energetica e al bilancio idrico a zero perdite tramite la raccolta di tutte le acque piovane in ampie cisterne e il riutilizzo di quelle impiegate nelle diverse attività. Per questo abbiamo voluto situare la parte produttiva nel sottosuolo: per sfruttarne le temperature costanti, consentendo vinificazioni ottimali e limitando notevolmente l’uso della climatizzazione artificiale”. L’area dedicata all’accoglienza si trova al piano terra, mentre il wine bar e il punto vendita saranno situati in un antico trullo saraceno restaurato. “Con il progetto Amalberga – dice l’imprenditore – ci impegniamo a realizzare un ambiente della comunità e per la comunità: un luogo aperto e inclusivo, dove possano nascere nuove idee e sinergie tra l'azienda, le persone e il territorio circostante”.

E i vini? I primi a uscire sono stati l’Ottavianello e il Minutolo, da vecchi vigneti di proprietà del nonno di Dario. Ad essi sono seguiti altri, anche rossi, come il Susumaniello e il Negroamaro. “L’Impigno è una varietà molto impegnativa e delicata - ammette De Pascale - Ma nel vino regala profumi e una buona spalla acida. Il Francavilla invece è il vitigno ideale: resistente, equilibrato, gentile”. Ostuni, la Città Bianca, come la chiamano, è un’ importante meta turistica, ma le cantine in zona sono pochissime. Un vuoto d’offerta che Amalberga intende colmare proponendo esperienze su misura di interesse e di gruppi. Dall’orto alla cantina, passando per la cucina, i visitatori sono sempre protagonisti, mai semplici passivi spettatori. Una formula vincente, che funziona tutto l’anno, non solo in estate, come dimostrano i numeri in crescita.

Veniamo ai vini che abbiamo avuto occasione di assaggiare.

Stùne 2023, Ostuni Bianco DOC, è un vino intrigante nelle sue molteplici sfaccettature. Fatto con Francavilla e Impigno (50% l’uno) nel bicchiere è di un paglierino intenso, con sfumature dorate. Il naso è delicatamente agrumato, con note di fiori bianchi, il gusto è coerente, leggero, fresco, con una bella bevibilità e una sapidità che lo rendono un vino versatile. Dall’aperitivo al tutto pasto, d’estate e d’inverno.

Icona d’Itria 2024 Francavidda Puglia IGP 2024 mostra un paglierino platino lucido e brillante, con sfumature verdi. I profumi sono molto freschi, quasi vegetali, rimandano ai fiori bianchi anche di campo, qualche agrume giallo, e di nuovo quel bellissimo sentore marino di sale. Il quale si ritrova anche in bocca: più strutturato del precedente, sfoggia una bella acidità, dritta, fresca e pulita fino in fondo. Facile da bere, il tappo a vite lo rende ancora più user friendly, in tutte le occasioni.

Chiudiamo con una nota sul nome di questa azienda. Amalberga sembra un brand inventato a tavolino, o il nome alquanto bizzarro di qualche antenata, e in effetti sì, è un nome di donna, ma non di una (seppur lontana) parente, bensì di una santa. Amalberga di Maubeuge, nata in Lorena, monaca benedettina, è considerata patrona contro dolori al braccio, traumi e febbri - tutti inconvenienti che possono capitare a chi lavora.
In campagna, e non solo.

Tags: Amalberga, valle d'Itria, Puglia, Francavilla, Impigno, Ostuni DOC
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