L'estate, si sa, è il momento in cui per vari motivi troviamo (o cerchiamo di trovare) più tempo per leggere e per metterci in pari (almeno un po') con tutto quello che nei mesi precedenti siamo andati accumulando, si tratti di saggi, ricerche, articoli, post, e libri. Soprattutto libri.
Quelli di cui voglio parlare qui sono, ovviamente, due libri sul vino e del vino. Diversi e molto simili nello stesso tempo, e non tanto (o non solo) perché trattano dello stesso argomento, ma perché dalle loro pagine traspirano un entusiasmo e una passione molto simili. Più pensosi e pacati nel primo caso, perché mediati anche da anni di esperienza - e si sa che la vita è capace di ridimensionarti molti slanci e di fare giustizia di molte ingenuità -, ancora freschi e dirompenti nel secondo caso, perché l'avventura intrapresa è solo agli inizi.
Il primo libro di cui parlo è già stato ampiamente presentato, recensito e caldeggiato nei mesi scorsi: "Coltivare il vino" è la storia di Josko Gravner - sì, lui - del suo pensiero, del suo vino e del suo stile, tutti elementi inscindibili. Non si può capire il vino di Josko Gravner se non se ne conosce il pensiero, l'evoluzione, la scelta stilistica. E' uno dei pochi esempi in cui il vino è il suo produttore e viceversa; hai voglia a fare il vino in anfora (come tanti stanno facendo o provando a fare negli ultimi anni), hai voglia a farlo anche con vitigni scorbutici come la ribolla gialla, non sarà mai come il suo. Perchè ti mancherà il suo senso del tempo. Più dell'uomo e del vino infatti, il protagonista di questo libro - scritto con la consueta asciuttezza impressionistica di Stefano Caffarri, ottimamente scandita dalle foto in bianco e nero di Alvise Barsanti - è il tempo. Il suo ruolo nella vita del produttore, delle sue vigne, del suo vino, della sua cantina e delle sue anfore. Alla fine, "Coltivare il vino" non è una biografia, è un saggio filosofico (che si legge come un racconto) e un racconto con un respiro filosofico. Un approccio non banale né autocelebrativo, e quindi perfettamente in linea con il personaggio.
Di tutt'altro tenore il secondo libro, che pure col primo condivide la terra d'origine, il Friuli: "The Wine Fathers" è il racconto di un anno di vita di un'intuizione divenuta esperienza. Altro peso, altre ispirazioni. Qui l'aspetto giocoso, per quanto serissimo, ha la prevalenza, complice anche l'età degli autori (tutti giovani) dell'idea: sfruttare le potenzialità del web per creare una famiglia (virtuale) di vignaioli e appassionati. La cosa in se' non è nuova, di storie di adozioni di vigneti, uve o vino in giro per la rete (e per il mondo) se ne trovano più di una; quello che è nuovo (e molto italiano) è semmai lo spirito, lo sforzo di trasmettere un senso di famiglia a chi entra nel progetto. Scegliendo di sostenere uno dei vignaioli (e ce ne sono di eccellenti) che fanno parte della comunità, si riceve infatti una specie di certificato di parentela, e il diritto di restare costantemente aggiornati sull'andamento della campagna. E' come avere un cugino, uno zio, un fratello vignaiolo, dal quale si può anche comprare il vino online (oggi nessuno ti regala più niente, nemmeno i parenti), ovviamente a prezzi interessanti (si è pur sempre di famiglia!). Last but not least, essere un Wine Father (or brother, sister, cousin, nephew...) da' diritto a fare esperienza di vigna anche e soprattutto offline. In conclusione, un libro simpatico e fresco, dove ai racconti di esperienza si alternano disegni e foto.
Proprio come in un album di famiglia.