Il Recioto della Valpolicella sta diventando un vino sempre più raro.
Molti produttori hanno smesso di farlo, e anche tra quelli che ancora lo producono non è facile trovarne di davvero buoni.
Perchè il Recioto è un vino viscerale: per essere buono deve innanzitutto piacere a chi lo fa. Solo una forte, radicata passione personale infatti giustifica l’impegno, il rischio, il lavoro e il costo di questo vino che ti costringe a tenere sotto stretto controllo le lunghe settimane d’appassimento e poi a sorvegliarne giorno e notte la fermentazione, cercando ogni volta di centrare quel precarissimo equilibrio tra zuccheri-acidità-alcol-tannini che ogni annata propone in quantità e qualità diverse.
Da un punto di vista legale, in Italia solo tre vini dolci da uve appassite possono fregiarsi per legge dell’etichetta Recioto; il rosso della Valpolicella, e i bianchi di Soave e di Gambellara, a dimostrazione di quanto particolare e a tratti esclusiva sia la tecnica di produzione di questo vino. Il quale non è semplicemente un prodotto da uve appassite e fermentazione interrotta, ma un vino poliedrico che può esprimersi in maniere molto diverse, al punto che perfino chi dice di amare poco o nulla i vini dolci può trovare la versione che gli aggrada.
L’ultima degustazione con cena di Terroir Amarone (stagione 2011-2012) alla Trattoria dalla Rosa Alda è riuscita ad offrire un saggio efficace proprio di questa versatilità, che ha figurato benissimo perfino in tavola. Grazie alla collaborazione dei produttori, presenti quasi in toto, sono sfilati sulle tavole ben 10 diversi Recioto, significativi di 6 tipologie. (questo post continua qui)