E' uno dei vitigni più difficili con cui si può avere a che fare, il pinot nero. Al punto che dev'esserci un pizzico di masochismo in quei produttori che si mettono in testa di farlo pur sapendo che darà loro soddisfazioni con il contagocce.
Oppure è il gusto della sfida. Il miraggio di riuscire anche solo ad avvicinarsi, almeno una volta nella vita, a certi modelli inarrivabili e irraggiungibili.
Ma qual'è il modello di pinot nero (ammesso che esista) da perseguire? La domanda, tutt'altro che oziosa, credo se la siano posti anche gli organizzatori del concorso legato alle Giornate Altoatesine del Pinot Nero.
Il concorso è nazionale, e infatti anche quest'anno ha visto in gara oltre una settantina di campioni dell'annata 2008 provenienti da diverse regioni italiane, ma la preponderanza era fortemente in mano all'Alto Adige: e infatti, manco a dirlo, tra i primi dieci Pinot Nero classificati, 9 erano di aziende altoatesine e 1 solo del Trentino. L'elenco dei vincitori si trova qui.
Soddisfazione somma da parte dei padroni di casa - le Giornate si tengono a Montagna, la premiazione è avvenuta nello scenografico Castello d'Enna - e mugugni dai trentini. Non pervenuti i commenti delle altre regioni partecipanti.
C'è chi sostiene che il pinot nero debba avere eleganza e carattere, e quel po' di spigolosità che permette ai suoi tannini di mordere i cibi ( e non di accarezzarli e basta); c'è chi preferisce le note fruttate, chi quelle minerali. Chi dice che non c'è Pinot nero, in Italia, al di fuori di quello altoatesino, in particolare di Mazzon; altri che sostengono che tutto dipende dal suolo, dal territorio, dalla viticoltura, e che un Pinot nero della montagna trentina non ha niente da invidiare ad un analogo dell'Alto Adige.
Chi lo dice solo francese, e chi comincia a guardare con favore a quelli americani, in particolare dell'Oregon e della California.
Dev'essere il destino dei monovitigni: piantati un po' ovunque, danno risposte diverse.
Ma il Pinot nero non è democratico e tollerante come il merlot o il cabernet: se il luogo non gli garba, s'incaponisce peggio di un mulo. Si rifiuta di collaborare, di dare il meglio di se', e tira fuori un problema sanitario dopo l'altro. In questi casi (e in giro per l'Italia ce ne sono tanti), il vino che ne risulta è, per dirla con un garbato eufemismo, semplicemente "corretto".
Il pericolo, ravvisa un grande esperto appassionato come Peter Dipoli, sta proprio qui: in una probabile inflazione del vitigno.
"Se vuoi sapere cosa berremo nei prossimi anni, devi fare solo una cosa: - mi dice - interroga i vivaisti. Domanda loro quali sono oggi le barbatelle più piantate. Ti risponderanno: quelle di pinot nero. Mi preoccupa questa marea montante, perchè questo modo di fare ha già rovinato Lagrein e Traminer. Non possiamo sottostare continuamente ai diktat del commercio, dobbiamo essere noi a imporre i nostri vini sui mercati e ai consumatori in grado di apprezzarli. Sappiamo che la Doc Alto Adige permette di piantare pinot nero un po' ovunque. Ma stiamo parlando di un vitigno esigentissimo, perciò per favore: coltivatelo solo dove cresce bene davvero".
Alla premiazione, il banco d'assaggio schierava i primi 16 classificati. Ce n'era più che abbastanza da abbinare agli straordinari piatti del catering di Gretl am See.
Questi i nostri personali - e opinabili - accostamenti:
Cornetto con salmone e mousse al rafano - Pinot nero "Riserva" Trattman, Kellerei Girlan
Spuma di patate viola con speck croccante ed erba cipollina fritta - Pinot nero Riserva Montigl, Kellerei Terlan
Focaccia con tartara di vitello, salsa alla panna acida e acciughe - Pinot nero "Schweizer", Franz Haas
Testina di vitello in crosta di pane con fagiolini e dressing alla soja - Pinot nero Riserva "Palladium", K.Martini & Sohn
Risotto allo zafferano con guancetta di vitello brasata e gremolata - Pinot nero "Mazzon", Gottardi
Petto d'anatra su purè di mele e salsa al rosmarino - Pinot nero "Castel Juval", Weingut Unterortl.