Pur essendo un argomento ricorrente, sembra essere sempre d'attualità , al pari di pochi altri (per esempio, quello sui vini naturali. O quello sull'avanzata degli autoctoni. O quello sul nuovo ruolo dei Consorzi di Tutela. O quello sul prezzo del vino al ristorante. Eccetera).
Parliamo dei blog e del vino, o meglio dei blog che parlano, trattano, discutono del medesimo. Lo spunto ci viene da questo articolo, che a sua volta è una riflessione su quest'altro.
Nulla di nuovo, si potrebbe dire. Invece l'elemento di novità c'è , e non da poco: si tratta di indagini, ricerche, riflessioni condotte sul mercato francese.
Ora, i cugini d'Oltralpe sono da sempre il nostro punto di riferimento n.1 storico, commerciale, tecnico-scientifico. Quando si parla di denominazioni d'origine e alla piramide dei cru, il pensiero corre alla Francia. Se c'è da paragonare i nostri vini - dagli sparkling ai rossi, passando per i rosè , i bianchi, i dolci... - il primo confronto sempre con gli omologhi francesi. Lo stesso dicasi per i mercati: chi se la passa meglio sulle nuove piazze (BRIC), l'Italia o la Francia? E vai con le statistiche, le analisi, le comparazioni.
Ebbene, dalla Francia - che in certi casi appare più rigidamente conservatrice dell'Italia - ci arriva adesso una nuova (?) informazione: la rete batte la carta stampata 1 a 0. Chi l'avrebbe detto. Eppure, a giudicare dall'esito di una approfondita ricerca di Sowine/SSI, risulta che:
- a differenza dei loro governanti (ma anche dei nostri, e di altri popoli ancora), che a giudicare da come legiferano non sanno distinguere un clairet da un Cointreau, ben il 70% dei francesi sa bene che il vino è altra cosa dall'alcol genericamente inteso; e mentre il 63% ammette di essere un neofita della materia, il 78% afferma che è bene informarsi prima di acquistare una bottiglia di vino;
- a proposito di informazione: la fonte principale delle informazioni sul vino non sono le guide, i giornali o le riviste pi o meno specializzate. E' Internet. Il 45% dei consumatori francesi legge regolarmente blog e forum dedicati a vino e cibo, e l' 87% crede pi a quello che trova scritto in rete che non all' autorevole parere del wine critic di turno;
- chi acquista vino è molto attivo nei social network, addirittura il 26% più della media. Produttori e aziende del vino sono avvisati;
- il 60% di chi acquista vino prepara la sua spesa prima informandosi sul web, poi comprando online o, più di frequente, nel mondo reale. Il tutto a dimostrazione dell' importanza di saper integrare le nuove tecnologie con l' offline.
Questi i dati, che altro non sono che l' ennesima dimostrazione del potere pervasivo/invasivo della nuova comunicazione. La quale potrà essere anche superficiale, cialtrona, qualunquista come molti sostengono (stranamente, per la maggior parte si tratta di gente dei media tradizionali). E in fondo è vero: in rete si trova di tutto. Ma è fatta in larga parte dai consumatori per i consumatori, parla la loro lingua, democratica e pronta a mettersi in discussione sempre, diversamente da tanti accreditati personaggi e media, sempre più ingessati e autoreferenziali.
Come si spiega tanto successo? Secondo Antonin Iommi, si spiega con il fatto che il vino è un soggetto ideale per i blog, e per i new media in generale. "Con i blog, il vino ha trovato il suo medium ideale, un format di trasmissione che gli corrisponde a meraviglia: una multidiffusione rapida su una modalità orizzontale" . E' la modalità cui la rete ci ha abituati: non un parere calato dall'alto, senza possibilità di dialogo, ma uno scambio a due vie inter pares. Note di degustazione che a getto continuo, h24, 365giorni/anno, sono pubblicate da gente come me, come te. Note positive, ma anche negative. Perchè è impossibile che i vini siano sempre e solo buoni. O, in certi casi, sempre cattivi.
Ecco, a mio avviso, il terreno infido e scivoloso su cui i media tradizionali hanno perso la battaglia: la credibilità , nel bene e anche nel male. Viceversa, nel web, "non ci sono segreti. Il mercato online conosce i prodotti meglio delle aziende che li fanno. E se una cosa è buona o cattiva, comunque lo dicono a tutti (12a tesi).
Forse è il caso che aziende, produttori, ma anche eno-critici della prima ora vadano a leggersi (o rileggersi) il Cluetrain Manifesto (una buona traduzione si trova qui).
E' roba di oltre 10 anni fa, ma si sa che i dinosauri non sono dei fulmini di velocità ... sicuramente per alcuni sarà la scoperta di un nuovo modo di pensare. Il quale, in ogni caso, è ancora attuale, in ogni sua parte.