Federdoc

Parità di genere? così no, grazie

Le intenzioni sulla carta sono obiettivamente ottime: assicurare pari peso alle componenti maschili e femminili di qualsivoglia consesso e/o organizzazione.

Peccato che nella realtà questo non sia sempre possibile, e non per volontà discriminatoria: per una questione di numeri. Volere donne anche laddove non ci sono, o ci sono in numero insufficiente (per mille ragioni) è un cercare di raddrizzare le zampe alle galline. Un'assurdità. Bene ha fatto perciò l'Associazione Nazionale delle Donne del Vino - guidata dall'energica e sempre attiva Donatella Cinelli Colombini - a rispondere a tono all'emendamento sulla "parità di genere" nei Consorzi di tutela. Di seguito il comunicato stampa ufficiale:  

"L’Associazione Donne del Vino ha appreso della presentazione dell’emendamento sulla “Parità di genere” nei consorzi di tutela e esprime la propria soddisfazione nel veder riconosciuto il contributo di competenze e capacità delle donne nel settore agroalimentare e particolarmente nel vino. 

Tuttavia l’associazione Donne del Vino unisce la sua voce a quella di AICIG e Federdoc auspicando una concertazione finalizzata alla modifica del provvedimento che lo renda più facilmente applicabile e aderente alle finalità dei consorzi stessi. 

Una maggior presenza femminile può dare un decisivo apporto in tutto il comparto produttivo e in particolare nel segmento dove la produzione italiana è più debole e le donne hanno invece dimostrato di essere molto forti, cioè nella comunicazione e nel marketing. Al fine di accrescere il numero di candidate donne ai consigli di amministrazione l’Associazione Donne del vino è pronta a organizzare corsi di formazione che diano competenze e soprattutto motivazioni alle future consigliere. 

Secondo i dati Unioncamere 2015 le donne dirigono 835.367 imprese agroalimentari cioè il 28,1% del totale italiano. Le aziende agricole a conduzione femminile sono il 33% del totale (G.Benedetto and G.L.Corinto <<The Role of Women in the Sustainability of the Wine Industry: Two Case Studies in Italy>> 2015)."

 

"Liberate i vigneti". O no?

Esiste in America un movimento che si chiama Free the grapes : il suo obiettivo dichiarato è quello di garantire al consumatore finale la scelta dei vini migliori, grazie alla libera circolazione degli stessi, finalmente privi dei molti vincoli, fardelli e balzelli che i diversi Stati si sono inventati nel tempo (compreso il famoso three tier system, di cui il wine blogger Tom Wark fa un'interessante disamina qui).

In Europa siamo andati oltre: free the vineyards!

Questo della liberalizzazione dei diritti d'impianto  (prevista il 31 dicembre 2015) è una problematica molto sentita a livello produttivo (e quindi politico), e le posizioni all'interno dell'UE non sono nè univoche nè serene, perchè in gioco c'è il futuro dell'Europa viticola.

Questo, almeno, era il titolo del convegno tenutosi a Bruxelles qualche giorno fa, e al quale è intervenuto tra gli altri come relatore anche il prof. Davide Gaeta, docente di politica vitivinicola all'Università di Verona, oltre a Pasquale De Meo (direttore generale di Federdoc), Josè Ramon Fernandez (Segr. generale del CEEV, l’organizzazione europea dell’industria del vino) e Daniela Zandonà di EFOW, che riunisce le organizzazioni consortili d’Europa.

Quelle che seguono, sono alcune delle riflessioni del prof. Gaeta*, così come ce le ha trasmesse.

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