Maggio è il mese per eccellenza di Cantine Aperte, e con l’allungarsi delle giornate e l’alzarsi delle temperature, per gli appassionati di vino ricominciano anche le esplorazioni di regioni vinicole e la ricerca di nuove cantine da visitare. In genere, quando si parla di casi di successo in ambito enoturistico, intendendo con questo aziende con un alto numero di visite e un’altrettanto alto rating di gradimento da parte dei visitatori, si citano cantine iconiche, celebri in Italia e nel mondo, oppure – per i wine lover più esigenti – piccole realtà artigianali dove il focus è più sul racconto e le caratteristiche dei vini che non sull’estetica della cantina stessa. La verità è che sono ancora poche le aziende del vino grandi e piccole che hanno fatto dell’enoturismo uno dei loro asset più importanti, al punto da dedicarci progetti, energie, personale formato e fondi mirati. Una di queste è il gruppo Cantine Settesoli, che in Mandrarossa ha concentrato più concetti: un brand a parte, un progetto innovativo, il risultato di vent’anni di studi, un esempio di accoglienza enoturistica contemporanea, e soprattutto l’espressione di una Sicilia che vuole uscire dai suoi ormai superati e polverosi stereotipi.
Ce lo spiega in questa intervista Roberta Urso, responsabile PR e comunicazione di Cantina Settesoli, incontrata nel corso dell’ultima edizione di Sicilia en Primeur, la consueta vetrina dei vini siciliani dell’ultima vendemmia organizzata da Assovini: