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L'enoturismo secondo Mandrarossa

May 19, 2025 in Viaggi & Assaggi

Maggio è il mese per eccellenza di Cantine Aperte, e con l’allungarsi delle giornate e l’alzarsi delle temperature, per gli appassionati di vino ricominciano anche le esplorazioni di regioni vinicole e la ricerca di nuove cantine da visitare. In genere, quando si parla di casi di successo in ambito enoturistico, intendendo con questo aziende con un alto numero di visite e un’altrettanto alto rating di gradimento da parte dei visitatori, si citano cantine iconiche, celebri in Italia e nel mondo, oppure – per i wine lover più esigenti – piccole realtà artigianali dove il focus è più sul racconto e le caratteristiche dei vini che non sull’estetica della cantina stessa. La verità è che sono ancora poche le aziende del vino grandi e piccole che hanno fatto dell’enoturismo uno dei loro asset più importanti, al punto da dedicarci progetti, energie, personale formato e fondi mirati. Una di queste è il gruppo Cantine Settesoli, che in Mandrarossa ha concentrato più concetti: un brand a parte, un progetto innovativo, il risultato di vent’anni di studi, un esempio di accoglienza enoturistica contemporanea, e soprattutto l’espressione di una Sicilia che vuole uscire dai suoi ormai superati e polverosi stereotipi.

Ce lo spiega in questa intervista Roberta Urso, responsabile PR e comunicazione di Cantina Settesoli, incontrata nel corso dell’ultima edizione di Sicilia en Primeur, la consueta vetrina dei vini siciliani dell’ultima vendemmia organizzata da Assovini:

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Tags: Sicilia En Primeur 2025, Menfi, Cantina Settesoli, Assovini, Roberta Urso, enoturismo, Mandrarossa
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Perché il vino è un prodotto della natura. E la natura ha i suoi tempi. Non i nostri, sempre così affannati, nevrotici, insufficienti. Per fare un grande vino ci vuole tempo, per fare un bambino ci vuole tempo, per fare del pane (quello buono) ci vuole tempo, tempo... e tranquillità. Anche per scrivere ci vuole tempo, perciò non pensiate di trovare nuovi post ogni santo giorno. Prendetevi tempo per leggere queste pagine. E lasciatene un po’ anche a me: ad essere pigro non c’è solo il vino.


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