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Millennials e GenX: quel che NON sappiamo di loro (1a parte)

E se quello che finora abbiamo letto o detto di Millennials e GenX  in merito al loro rapporto con il vino fosse sbagliato?

E’ da un po’ che il mondo del vino si interroga su se stesso e sul proprio futuro. La necessità e l’urgenza di un cambiamento a livello di proposta, narrazione, linguaggio, marketing eccetera, sono ormai avvertite da tutti: ma cosa cambiare, di preciso, e come? WineGlass Marketing, agenzia statunitense di marketing e comunicazione, ha cercato di capirlo con una ricerca di mercato, tenutasi nei primi mesi di quest’anno, e che ha riguardato solo consumatori di vino dichiarati degli USA  dai 28 ai 42 anni (Millennials) e dai 43-59 (Gen X). I risultati sono decisamente interessanti - oserei dire  illuminanti per le aziende italiane che esportano negli USA. In questo e nel prossimo post provo a riassumere alcuni dei principali punti emersi. Chi fosse interessato a leggere la ricerca originale (60 pagine, in inglese), la può trovare qui.

Premessa generale: come tutti (o quasi) i consumatori, anche Millennials e Gen X scelgono i loro vini basandosi su prezzo, vitigno, gusto. Tuttavia, la cultura del vino e l’esperienza che se ne può fare come finora l’abbiamo interpretate (e si è cercato di trasmettere), con loro non funzionano più. Ciò che il mondo del vino considera importante, attraente, significativo, li lascia indifferenti: i loro interessi, il loro stile di vita, sono diversi. Questo scollamento tra ciò che interessa davvero a questi consumatori e quello che il mondo del vino invece propone loro, rischia di scavare tra noi e loro un solco sempre più profondo.

Cominciamo con una buona notizia: sia i Millennials che i GenX bevono vino con una certa frequenza. I primi anche 2-3 volte a settimana, mentre i colleghi più anziani almeno 1 volta a settimana. Il vino però resta la prima scelta per entrambi i gruppi, quando si tratta di bere qualcosa di alcolico. Perfino quando  si tocca il dolente tasto "vino e salute”. Anzi: la maggior parte degli intervistati ha dichiarato che i messaggi allarmistici non li impressionano,  perché consumano la stessa quantità di vino di un anno fa. Alcuni (35% dei Millennials e il 22% dei GenX) ne consumano perfino di più. Ovviamente, nessuno beve solo vino: al secondo posto delle preferenze alcoliche  infatti c'è la birra, e al terzo perfino la vodka, seguito dal whisky. Ma nessuno sostituisce nulla: i due gruppi in questione non considerano queste bevande delle alternative al vino. Semplicemente, birra o whisky assolvono ad altri compiti, in altre occasioni.

A questi consumatori piace cambiare, variare: e forse, anziché preoccuparsi di competere con birra o superalcolici, il mondo del vino italiano dovrebbe cercare di soddisfare questo bisogno di varietà concentrandosi sulla straripante diversità di vini da vitigni autoctoni che può offrire.

Attenzione! Quando Millennials e GenX parlano di varietà di vini, stanno solo esprimendo la necessità di variare il gusto di ciò che bevono. E basta. Questo significa che si può lasciare a casa tutto il consueto storytelling  sulla piccola (o grande) cantinartigianaleinterritoriovocatochefailvinosecondolatradizionedelnonno, ecc. ecc. perché non avrebbe nessun effetto sui loro gusti o sulle abitudini di consumo.

Semplicemente, non gli interessa.

Tuttavia, curiosamente, ci sono alcuni aspetti del vecchio modo di raccontare il vino (come la sua ritualità), ai quali i Millennials sembrano più sensibili dei GenX. Forse perché questi ultimi l’hanno sentito anche troppo, e ne hanno ormai le orecchie piene. O forse perché i Millennials li trovano terribilmente pittoreschi.

Dove consumano il vino, i nostri 2 gruppi? Per la maggior parte a casa, ma anche fuori: con amici, ai concerti, alle cene, ad eventi sportivi (!), al teatro… Il vino è socialità. Se c'è un evento sociale, il vino non può mancare - e questa dovrebbe essere musica per le orecchie di un produttore italiano.

Quanto ai luoghi di acquisto, i negozi specializzati e supermarket sono ancora utilizzati, ma il canale preferito - dai Millennials in particolare - è ovviamente l’online. Per una generazione come questa, cresciuta a merendine e Internet, l’online è il reale. E se una cantina vuol avere successo nell'e-commerce del suo vino, deve solo copiare i comportamenti del più importante modello vincente in questo settore.

Amazon.

Costi di spedizione, comunicazione, servizio al cliente, velocità di consegna, varietà nella scelta dei vini… sono tutti fattori che portano a scegliere di comprare una bottiglia dal wine shop online di una cantina piuttosto che da quello di un’altra.

Questi sono consumatori istruiti, intelligenti- commentano gli autori della ricerca - Sono abituati ad Amazon e non accettano nessun servizio inferiore alla media”.

A proposito di prezzi: quanto sono disposti a pagare, in media, per una bottiglia (eventuali spese escluse)? Altra buona notizia: non proprio pochissimo. Per un "vino da tutti i giorni", anche 20$. I Millennials si spingono perfino più in alto, fino a 40$ - a volte oltre. Più parsimoniosi i GenX: un vino da 25$ va più che bene. (1-continua)