Si scopre sempre qualcosa d'interessante, a Radici del Sud. Del resto, l'Italia possiede un catalogo di vitigni autoctoni così vario e così vasto, che sarebbe sorprendente il contrario - non trovare nulla di nuovo in una manifestazione che da 12 anni è impegnata nel promuovere e far conoscere i vini delle regioni meridionali, in gran parte (naturalmente) da vitigni autoctoni. Così è stato anche questa volta; nell'edizione 2017 di Radici, uno degli assaggi più insoliti è stato il Caprettone dell'azienda campana Bosco de Medici, presentato come "Pompeii 2015 - Pompeiano IGT ". Di quale vitigno stiamo parlando, lo dice il sacro testo di tutti i vitigni, quell' "Wine Grapes - A Complete Guide di 1,368 Vine Varieties, including their origins and flavours" firmato da J.Robinson, J.Harding e J.Vouillamoz . Un must-have per chi scrive/si occupa di vino. Secondo questo volumone da 1200 pagine, l'uva in questione è una varietà del Sud Italia a lungo confusa con la Coda di Volpe Bianca, un errore che solo più accurate indagini sul DNA di entrambe le varietà hanno potuto correggere. In realtà, il Caprettone non ha legami di parentela con la Coda di Volpe Bianca, ma piuttosto con il Piedirosso (altro vitigno campano, spesso presente in blend con l'Aglianico) e con la conterranea Ginestra, un'uva bianca minore, coltivata solo nella zona del Salento, con caratteristiche sensoriali che ricordano la Falanghina Flegrea. Il Caprettone matura verso metà-fine settembre, ed è coltivato in appena 15 paesi dell'area vesuviana, nella provincia di Napoli. Fino ad oggi faceva parte del blend Lacryma Christi (Vesuvio Bianco DOC) e non erano noti vini in purezza: questo di Bosco de' Medici è perciò il primo Caprettone commercializzato di cui si ha notizia (ma se ne conoscete qualcun altro, fatelo sapere nei commenti). L'azienda che lo produce è nata solo nel 1996, da due famiglie, Palomba e Monaco, che da anni coltivano vigneti in terreni che, come hanno dimostrato alcune ricerche, erano appartenuti in passato ad un ramo della nobile dinastia fiorentina dei Medici, trasferitasi nel Regno di Napoli nella metà del XVI sec. e prodigatasi poi nel tempo per modernizzare e migliorare i metodi di coltivazione e la qualità dei vini vesuviani. La maggior parte delle vigne di Bosco de' Medici sono decisamente vecchie (le più giovani hanno 30 anni, le altre circa un secolo) e pre-fillosseriche, la prima vendemmia con il loro marchio è appena del 2014, ma già queste prime uscite lasciano intuire un interessante futuro. Il vino portato al salone di Radici presenta un bouquet molto invitante e largo di profumi dolci di frutta gialla matura, subito sconfessato da un gusto invece dritto, affilato di agrumi, e non troppo lungo. Un vino insolito, che quasi costringe a versarsi un secondo bicchiere per "capirlo" meglio. Il suo "parente" rosso, il "Pompeii 2015 - Pompeiano rosso IGT", è un Piedirosso in purezza che si esprime al naso con profumi di frutta rossa e spezie, confermati da un gusto che ricorda anche il sale, il ferro (la famosa "mineralità"), il rabarbaro e i chiodi di garofano, il tutto avvolto da sentori fumè.
I vini di Pompei e dintorni non sono stati i soli protagonisti dei miei assaggi a Radici 2017: c'è stato spazio anche per altri ottimi campani. Come l'Agnanum Falanghia, dell'azienda Agnanum, posta nel magico, ma duro, Parco degli Astroni: un vino da vigne ultracentenarie, (è il vigneto storico più grande della regione), e le cui uve crescono su terreni che sbuffano zolfo. Un vino che si beve, o si mangia, a seconda dell'annata, tanta è la frutta che esprime al naso e in bocca. Lo stesso dicasi dell "Agnanum Piedirosso 2015", o per 'e palumm, piede di piccione, come lo chiamano da quelle parti: un rosso buonissimo, floreale al naso, ma teso e pulito in bocca, molto ben bilanciato. Non potevano poi mancare le bollicine: quelle buonissime del Bombino bianco di D'Araprì, con sentori di buccia d'arancio, mandarino e crosta di pane. O il Perricone 2016 di Fondo Antico, un mazzo di erbe aromatiche al naso e in bocca (rosmarino, timo, origano) con qualche bacca di rovo (more rosse) a condire il tutto. Un vino morbido ma sostenuto da una acidità impeccabile, pulito e molto elegante.
Per completezza di cronaca, qui l'elenco dei vini che hanno superato l'esame del concorso: sono i 70 finalisti dai quali dovranno uscire i "the Best" dopo il vaglio di un'ulteriore giuria. Premiazioni già fissate: si terranno il 27 novembre 2017, sempre nel Castello di Sannicandro di Bari