Restiamo in tema (quanto mai attuale) di giornali & giornalisti per rilanciare l'ultimo editoriale di Euposia, il mensile con il quale anch'io ogni tanto mi onoro di collaborare.
A ragione, il direttore Beppe Giuliano punta il dito contro una categoria (affollata) di sedicenti giornalisti enoqualcosa che ti ritrovi regolarmente tra i piedi quando c'è in ballo un evento, una iniziativa, una qualsiasi manifestazione condita da qualsivoglia cosa di edibile e/o bevibile, ovvero " quei "giornalisti" che, abituati a scroccare inviti a pranzi, cene e viaggi "educational" all-inclusive, affollano le manifestazioni enogastronomiche di tutt'Italia.
E se non hanno un giornale che li "invia" a seguire un evento, un giornale se lo inventano. E non parlo di siti, blog o altre cose fisicamente tangibili, ma molto più semplicemente si accreditano millantando di rappresentare questo o quel giornale, contando sul fatto che i giornalisti, quelli veri, stanno in redazione a scrivere e, se vanno in giro, non cazzeggiano per usare un'espressione tanto volgare quanto chiara.
Il giochetto funziona - ed Euposia se n'è accorta a sue spese e per questo ne parla - fino a quando i giornali non tornano a muoversi e allora salta fuori il "cattivo pensiero". Gli articoli poi, ovviamente, non escono sui giornali e i produttori di vino, guardando le rassegne stampa, qualche accidente alla fine lo mandano. Dove sono finiti i soldi spesi? Quale è stato il ritorno di tale investimenti? Nessuno. D'altronde, se un giornale non va ad un evento è perchè - molto banalmente - sceglie cosa si può seguire e cosa no, avendo come unica ottica l'interesse dei propri lettori. Allora, prima di buttare soldi per foraggiare la "compagnia dei magnaccioni" è meglio che cantine e organizzatori inizino ad accreditare i Giornalisti, quelli veri, quelli mandati da un giornale in carne ed ossa, ed a controllare col bilancino le rassegne stampa".
Ovvero che questa torma di "giornalisti" che beve, mangia e di solito non scrive una riga, oltre che a servire il proprio piacere, sia assai utile a quanti organizzano questi eventi.
La claque è sempre servita e, evidentemente, certi "giornalisti" servono proprio a questo. A far scena. Facite ammuina, come si dice a Napoli...
Tutto giusto, tutto vero. Ma, ciò premesso, proviamo a buttar giù qualche pensiero, ad uso e beneficio proprio dei produttori, scusandomi fin d'ora per l'ovvietà di certe considerazioni.
1) Accarezzate l'idea di organizzare un evento? pensateci bene, perchè l'investimento in comunicazione è meno banale e indolore di quel che può sembrare, se aspirate a fare qualcosa di professionale.
Se invece ci si accontenta dell'aspetto folkloristico, allora bastano le comparse (i sedicenti giornalisti di cui sopra). La spesa sarà quella prefissata, il ritorno sui media vicino allo zero, ma l'importante è divertirsi.
2) Se scegliete il fai-da-te dell'organizzazione (idea sconsigliabile, ma tant'è), investite almeno un po' di tempo per acculturarvi. Sulla carta stampata e soprattutto sulla rete.
Mentre infatti è relativamente facile identificare i giornalisti attivi* / utili delle testate cartacee, discernere quelli professionali/bravi e/o autorevoli nel mare magnum del world wild web è roba da mal di testa, per non parlare dei veri e propri incidenti diplomatici che si rischia (pur in perfetta buona fede) di far scoppiare, scegliendo di invitare o non invitare questo o quello.
Dunque, informatevi in prima persona, cari produttori, e assumetevi la responsabilità (anche) di queste scelte.
3) Siete sommersi dalle richieste di accredito stampa al vostro evento? se non è la prima volta che lo organizzate, e se i richiedenti sono degli habituè di queste iniziative, chiedete prova del lavoro svolto in una precedente edizione. Copia degli articoli pubblicati, link a post di blog e siti web. Ogni tanto, un piccolo ritorno alla scuola vecchia maniera non guasta ("Rossi Mario! mostrami i compiti per casa").
4) In certi casi, chi più spende, meno spende. Se tenete al vostro evento, affidatevi a dei professionisti.
Della comunicazione.
Del vino.
* che non vuol dire solo e necessariamente iscritti all'Ordine nazionale giornalisti italiani. Ci sono frotte di giornalisti iscritti e pensionati, simpaticissimi, ma che non scrivono più nemmeno una lettera. In compenso accolgono sempre con il massimo entusiasmo qualsiasi invito in giro per la Penisola, possibilmente con consorte al seguito (così si divertono in due).