WBIS 2013: com'è andata

Il mondo del vino appare sempre più spaccato in due dimensioni parallele: quello dell'offline e dell'ufficialità - fatto di riti vecchi ormai di anni, per non dire di decenni: le grandi fiere, i grandi concorsi, i proclami dei grandi guru, le guide, le anteprime, gli eventi di presentazione di ogni genere e tipo - e quello dell'online, vivace ed effervescente, mai uguale a se stesso, una specie di magma in ebollizione dal quale fuoriescono continuamente nuove idee e iniziative. 

Il Wine Business Innovation Summit tenutosi recentemente a Bruxelles è un esempio di questo fermento. Dall'idea di partenza - un forum tecnico rivolto ai professionisti del vino che per incoraggiare in questo settore l'innovazione,la creatività e le nuove tecnologie - in poi, tutto si è svolto all'insegna della collaborazione. Come ha detto lo stesso Marc Roisin, che insieme a Faye Cardwell e Jens De Maere ha organizzato materialmente il tutto, "questo è stato il primo evento che ho visto nascere con la collaborazione della comunità dei winelover. Una volta annunciata la data e il luogo, senza niente altro, abbiamo visto arrivare subito un centinaio di richieste di registrazione. I contenuti? li abbiamo discussi e decisi con la community. I relatori? Sono usciti dalla community, offrendosi spontaneamente di parlare (gratis) dei diversi temi". Lo stesso dicasi dei candidati al premio per l'innovazione, il Wine Business Innovation Award, l'elenco dei quali è stato presentato, discusso e votato online. Alla fine, solo 7 di loro sono stati chiamati a presentare (in perfetto Twitter-style, cioè in 120 secondi...) il loro progetto ai partecipanti al summit, mentre il vincitore è stato deciso da una giuria di esperti. Per la cronaca, il premio è stato assegnato ad una interessante wine business application: Vincod.

Il summit vero e proprio si è svolto in una sola giornata, e i temi affrontati sono stati molti, tutti interessanti, spaziando da argomenti tipicamente social a quelli della comunicazione e del business del vino. Tra l'altro, è stata una (piacevole) sorpresa veder descritto e presentato come case study di successo uno dei nostri ultimi impegni...

Autocelebrazioni a parte, ecco in sintesi gli aspetti più salienti dell'esperienza belga, che ha visto circa 200 partecipanti (e tra questi c'era anche il co-fondatore dell'International Wine Challenge di Londra):

1) WBIS è stato un autentico #winelovermeeting: ciò che l'ha contraddistinto non è stato solo il grande coinvolgimento della #winelovercommunity, ma la consapevolezza che la prima cosa da trasmettere al consumatore finale è la passione per il prodotto, che troppo spesso, invece, viene data per scontata. Ecco ciò che manca ormai in tante (classiche) occasioni centrate sul vino: l'elemento ludico. Il piacere di ritrovarsi insieme ad altre persone che condividono il tuo stesso interesse. In una parola, il divertimento. ("Don't forget to have fun!"). Forse è per questo che molti giovani considerano il vino una bevanda complicata, seriosa e noiosa, e tanta gente si sente intimidita, inadeguata, di fronte ad un bicchiere - al punto che, invece di goderselo corre a iscriversi a qualche corso AIS.

2) WBIS è stato un altro grande momento di networking. Non solo abbiamo rivisto molti amici, con i quali siamo in contatto via social-cosi tutto l'anno, ma ne abbiamo conosciuti di nuovi, molti dei quali alla loro prima esperienza #winelover offline. Tra questi c'erano comunicatori, fotografi, ma anche insegnanti, negociant, e perfino produttori italiani. Come Reka e Pier Sfriso, proprietari di una piccola, giovanissima realtà veneta. Privi di condizionamenti agricolo-familiari, e quindi liberi dalla zavorra culturale rappresentata dalla tradizione quando è incapace di mettersi in ascolto del mondo contemporaneo, hanno pensato che il modo migliore per farsi conoscere fosse quello di sponsorizzare un evento come questo. Altro che fiere. In poche ore hanno fatto assaggiare i loro vini ad un pubblico di professionisti curioso e recettivo (gradevole ed originale il loro spumante aromatico Gaio), hanno imparato un sacco di cose nuove, conosciute molte persone e instaurato nuovi rapporti con i quali potranno lavorare nei prossimi mesi. 

3) I socialmedia sono utili...a chi ha imparato a usarli correttamente. A tener lezione questa volta sono stati due produttori,  Jean Frédéric Hugel e Mélanie Tarlant. Il primo ha parlato dei vantaggi della creative commons, la seconda dell'importanza di una costruzione lenta, sistematica e ragionata della presenza online di un'azienda.

E' come un vigneto: pretendere di piantare, vendemmiare, vinificare e vendere il vino, tutto nello stesso anno, partendo da zero, non è solo stupido, è impossibile. Lo stesso dicasi dei social media: richiedono tempo e sforzi personali. I risultati arriveranno... se si ha costanza.

4) WBIS è stata un'altra grande occasione di assaggi. Prima, durante e dopo. Negli hangouts che hanno preceduto la giornata del summit e in quelli che l'hanno seguita. Nelle pause, a pranzo e a cena. Com'è ormai tradizione, ogni partecipante ha portato una o più bottiglie di suo gradimento: così abbiamo assaggiato riesling della Mosella e traminer alsaziani, pinot neri della Borgogna e straordinari Porto. Vini olandesi, belgi, portoghesi, canadesi. Champagne, alvarinho, moscato bianco e rosa, friulano e refosco. Una vera festa.

Una festa che tutti noi abbiamo cercato di condividere anche con chi non c'era, grazie ai molti canali social (e a connessioni aperte e funzionanti tutto il tempo all'Ateliers des Tanneurs),e che ha generato un buzz i cui echi sono ancora rintracciabili, qua e la' sul web...