Ha resistito alla scarsità di spazi, di organizzazione, di risorse umane, di collaborazione, di tecnologia e attrezzature.
Ha resistito all'indifferenza delle amministrazioni, al silenzio freddo del mondo della produzione, alla dittatura ottusa della burocrazia.
Ha resistito, il Centro di sperimentazione in vitivinicoltura di S.Floriano Valpolicella (VR). Dall'anno della sua fondazione (1977) con le forze e i mezzi che aveva, ha portato avanti centinaia di ricerche e sperimentazioni in vitivinicoltura, occupandosi con particolare impegno soprattutto (ma non solo) di catalogazione e conservazione della biodiversità dei vitigni autoctoni veronesi.
E oggi che più di ieri questi vitigni sono al centro dell'interesse di tutti, oggi che dovremmo/vorremmo saperne di più e meglio, oggi il centro è prossimo alla chiusura, vittima illustre di quella scure centrale che non riesce più a distinguere tra investimento e spesa superflua.
Certo: così com'è non serve a nessuno, perchè appare sottodimensionato rispetto alla domanda di ricerca delle organizzazioni agricole. Per farlo funzionare al meglio bisognerebbe infatti potenziarlo: assegnargli più persone, pù spazi, più attrezzature. Ma non ci sono soldi per farlo: la Provincia di Verona, da cui dipende, non ha mai potuto (o voluto) farlo, e ora non può più permetterselo.
Quindi?
La decisione definitiva non è ancora presa, ma le ipotesi che circolano nell'ambiente sono:
a) diventare una sorta di filiale di un centro di ricerca esterno (peraltro di prestigio) come l'altoatesino Laimburg e /o entrare nella sfera d'influenza di quello di Forlì (con il quale sono già in atto collaborazioni nel settore ortofrutticolo);
b) tagliando ancora il tagliabile, mantenere il centro ma riducendolo a "qualcosa che si occupa di agricoltura sostenibile" (che va tanto di moda);*
c) chiudere tutto entro il 2013, e tanti saluti a 35 anni di lavoro e di risultati;
d) coinvolgere nel suo rilancio il mondo della produzione. Che poi è il primo beneficiario degli studi, delle ricerche e delle sperimentazioni del Centro stesso. Le prime 3 ipotesi sono al vaglio delle varie forze politiche-sindacali-associazioni di categorie. La quarta la dico io, che non sono nessuno e ignoro sicuramente la maggior parte dei fatti... Ma lo dice anche il buon senso. E lo sussurrano molti degli addetti ai lavori: "Con un piccolo contributo da parte di tutte le aziende, sull'esempio di quanto fatto per costituire l'ente di certificazione Siquria, si potrebbe continuare nell'attività di ricerca e sperimentazione applicata".
Se è vero, come è vero, che Verona è al primo posto nel Veneto per produzione ortofrutticola, e tra i primissimi in Italia quanto a produzione vitivinicola di qualità, avere un centro di ricerca&sperimentazione moderno ed efficiente non è un capriccio o, peggio, un lusso.
E' una necessità vitale.
*pare essere la soluzione più probabile, perchè è anche quella più politically correct; metterebbe tranquilli i produttori ("Non chiudiamo nulla!"), rassicurerebbe i dipendenti e, generalista com'è, servirebbe a poco/niente. Come al solito in Italia.