Il vino naturale non esiste
Ci hanno messo 21 anni, e alla fine imprecando, sbuffando, litigando e sgambettandosi a vicenda, i paesi dell'UE sono giunti a licenziare un regolamento di produzione del vino biologico che, sinceramente, lascia un po' perplessi (per usare un eufemismo).
Ma è pur sempre un inizio. Un punto fermo laddove prima c'era il vuoto (legislativo) pneumatico.
Il vino biologico esiste (e quello naturale no).
Di vino bio, mercato e produzione si è parlato nei giorni scorsi a S.Floriano (Verona), come anticipato qui. Un convegno (organizzato dall'Associazione Veneto Produttori Biologici e Biodinamici) nel quale si è esposto in maniera chiara cosa significa, alla luce delle nuove normative, fare vino biologico.
Cominciamo con una notizia che farà storcere il naso a molti: anche i biodinamici saranno costretti a certificarsi, al pari dei produttori biologici. Pena l'impossibilità di dichiararsi tali in etichetta. Sinonimi più o meno fantasiosi (compresa la dicitura "vino naturale", o genuino, o vattelapesca, variamente declinato) non sono ammessi. Certo, al convegno mi sarebbe piaciuto che qualcuno mi spiegasse come intendono certificare la dinamizzazione e la preparazione del cornoletame nella pratica biodinamica, ma vabbè. Nessuno ha osato tirar fuori l'argomento, e per fortuna, altrimenti saremmo ancora tutti nell'aula magna di Villa Lebrecht a discuterne.
Venendo invece al dettaglio del regolamento, le note stonate - le contraddizioni - che balzano agli occhi sono più d'una, ma trattandosi di un discorso lungo e complesso, qui mi limito a riportare alcune di quelle che mi sono parse le incoerenze e le aporie più vistose.
Cominciamo con quello che non si può fare: non si può dealcolare parzialmente, nè praticare la desolforazione dei mosti o l'elettrodialisi. Non si possono usare una lista di sostanze che vi risparmio perchè sarebbe troppo lungo spiegare cosa sono e a cosa servono.
Nonostante questo però, un produttore bio può ancora utilizzare 44 additivi e coadiuvanti (le varie case produttrici di sostanze enologiche possono dormire sonni tranquilli: non chiuderanno mai i battenti), contro i quasi 70 di un produttore convenzionale.
Cosa si può fare/usare? Si possono usare, al bisogno, i lieviti selezionati (purchè non OGM). Ammesso anche l'uso dei chips, la microfiltrazione e il trattamento termico (a patto che non superi i 70°C. Peccato che non si dica per quanto tempo). Ammessa l'osmosi inversa (ma solo fino al 2015).
Per gli approfondimenti, rimando al sito AIAB e alla relazione di Cristina Micheloni, che ha sempre seguito in prima persona tutte le tribolate tappe di questa normativa. La conclusione?
"Oggi il regolamento che ci permette di etichettare il vino come bio è un punto importante - dice la stessa Micheloni - Ma la gara ora è diventata a tappe e dobbiamo prepararci subito per la prossima volata, ovvero iniziare a produrre dati tecnici e scientifici su "quanto meglio" si può fare. AIAB inizierà subito lavorando sui propri disciplinari, non solo aggiornandoli rispetto alle norme comunitarie, ma rendendoli anche più restrittivi sugli argomenti che i produttori riterranno importanti e praticabili".
Se qualche produttore bio vuol portare il suo personale contributo di esperienza, idee e altro in questa fase 2, può scrivere a Cristina Micheloni, direttamente.
Chi insomma credeva che con il regolamento sul vino biologico si fosse arrivati, si rassegni: la vera corsa comincia soltanto ora.