Il bianco, il rosa, il rosso delle Cantine Paololeo
Tre vini pugliesi facili da bere e da abbinare.
Qualche anno fa ho avuto l’occasione di vistare la cantina pugliese Paololeo, posta a San Donaci, nel cuore del Salento. Di recente ha attirato l’attenzione dei media per la sua scelta di provare ad affinare sott’acqua (marina, ovviamente) 1011 bottiglie di “Mormora”, il suo Metodo Classico Pas Dosé fatto con due varietà autoctone: Verdeca e Maresco. Le bottiglie, immerse a -30 m nel mare, vi resteranno per circa un anno, al riparo dalla luce e da altre influenze terrestri, cullate solo dal leggero moto ondoso che quella profondità concede.
Per questa cantina, nata solo nel 1989, contemporanea negli impianti e nell’approccio enologico, ma con una solida tradizione agricola famigliare alle spalle, il progetto della cantina sottomarina ha una valenza particolare, perché legata a due aspetti a cui l’azienda tiene molto: la sostenibilità e la sperimentazione. In particolare, l’affinamento sott’acqua è stato pensato nell’ottica del risparmio energetico, perché l’ambiente scelto non necessita di impianti di refrigerazione e di giropallett: fa tutto il mare.
In attesa di assaggiare “Mormora”, abbiamo stappato 3 bottiglie di questa azienda che si sono dimostrate tutte all’altezza della sfida di un’estate piuttosto calda: un bianco, un rosato, un rosso.
Il bianco è il Verdeca della linea Alture*. Il vitigno Verdeca è tipicamente coltivato in Puglia, ma fino a poco tempo fa non si sapeva quasi nulla delle sue origine. Solo di recente, studi sul DNA hanno mostrato una inaspettata identità con il Lagorthi, un’uva greca tuttora coltivata (sia pure poco) sia in Grecia che nelle isole Ionie. La Verdeca di Cantine Paololeo nasce da uve coltivate sulle colline della Valle dell’Itria: vinificato con criomacerazione ed elaborato in acciaio, è un vino molto piacevole per profumi e gusto. Al naso ha note di frutta bianca (mela verde) e gialla (agrumi maturi), ma anche di fiori bianchi; in bocca è molto fresco, fruttato con sfumature tropicali. E se per caso nelle note retrolfattive vi ricorda il Vermouth, avete fatto centro: in passato infatti, il Verdeca era uno dei vini base più richiesti per fare il celebre vino aromatizzato.
Il vino rosa è “Rosamora”, una Malvasia Nera rosato Salento IGP: magnifico pink wine dal colore rosa cerasuolo brillante, con profumi golosissimi di fragola, lampone, more, sfumati di macchia mediterranea. Anche bevuto freddo da frigo rivela un frutto maturo e sapido, persistente e pulitissimo. Peccato che la bottiglia finisca tanto in fretta.
Il suo fratello maggiore (per colore) è il “Moramora”, Malvasia Nera Salento IGP: la Malvasia Nera, (di Lecce o di Brindisi non importa, sono la stessa varietà), è frutto di un incrocio naturale tra Malvasia Bianca Oblunga e Negroamaro. Come la sua versione rosa, anche questo è un vino che non teme al servizio le basse temperature: al naso e in bocca è un trionfo di piccoli frutti rossi e neri maturi, prugne quasi appassite, chiodi di garofano, cannella, perfino un po’ di incenso. Il suo tannino di seta shantung si adatta facilmente sia a piatti di carne alla griglia che fredda: in conclusione, tre vini perfetti per questa estate (e non solo).
*Su questa linea vale la pena spendere due parole. E’ nata su impulso di Nicola Leo, enologo dell’azienda e primogenito di Paolo. Trasferitosi a Locorondo già a 13 anni per studiare, nel 2015 decise con Lino Carparelli, (già enologo della locale Cantina sociale poi fallita), di ridare fiato alla produzione del luogo, messa in ginocchio dalla chiusura della cooperativa, sostenendo sei viticoltori rimasti senza lavoro e remunerandoli per produrre le uve migliori che potevano. Sono nati così Verdeca e Minutolo - Bianco di Alessano (altro fantastico autoctono pugliese, noto in passato come Fiano Aromatico). “Il mio obiettivo è soprattutto sociale, perché questo bellissimo territorio, senza i suoi viticoltori, sarebbe abbandonato. Con Alture, al tempo stesso, facciamo conoscere Locorotondo e diamo una nuova motivazione di vita a chi ha dedicato tanto al lavoro in vigneto” ha detto Nicola Leo. Avendo visitato io stessa Locorotondo, non posso che concordare sul suo giudizio sul luogo, e sulle potenzialità che vale la pena continuare a sviluppare.