Staforte: la prova del tempo
Se c’è una regola aurea nel mondo del vino è che tutto è relativo. Niente è assoluto, o valido per tutti. La formula taglia unica non esiste. Ciò che è perfetto per uno, è da evitare come la peste per un altro. Questione di obiettivi, di stile produttivo, di filosofia personale. Chi pensa che la chiusura ideale di un vino d’alta gamma possa essere solo il tappo in sughero monopezzo non oserà mai mettere un tappo a vite sulle sue bottiglie più pregiate. Chi crede che il grande vino possa evolversi solo in legno guarderà con diffidenza chi invece usa altri contenitori, dal cemento alla terracotta all’acciaio. E il bello del mondo del vino è anche questo: c’è posto per tutto e per tutti. Graziano Pra, storico produttore di Monteforte d’Alpone, appartiene a quella schiera di produttori che non teme di andare controcorrente o di sperimentare soluzioni che qualcuno definirebbe azzardate, se fanno al caso suo. E’ il caso del suo Soave Classico DOC “Staforte”: nasce da una selezione delle uve migliori dei suoi vigneti più vecchi (50-70 anni) di Monteforte d’Alpone, coltivati su suoli vulcanici tra i 150-250 metri e allevati a pergola veronese e Guyot. Un bianco che fermenta e matura solo in acciaio, con un’attenta e metodica pratica di bâtonnage svolta direttamente nel fermentino per almeno sei mesi.
La prima annata di questo vino fu la 2004. “ In quegli anni uscivamo da due novità dirompenti - racconta lo stesso Pra - L’arrivo anche nel Soave dello Chardonnay e la moda imperante della barrique. Io li provai entrambi, e li scartai. Non rispondevano al mio stile”. L’intento era quello di fare un grande bianco solo in acciaio: ma come? Parlando con un enologo francese, scoprì che in Francia usavano fare bâtonnage nelle barrique: Pra applicò lo stesso sistema al fermentino in acciaio. Una specie di pala posta sul fondo con un movimento lento e regolare rimescola le fecce fini in maniera omogenea: “I lieviti sono sempre in sospensione, le pareti cellulari si rompono e cedono le mannoproteine, che donano una sensazione di maggior volume in bocca. Al tempo stesso il vino si stabilizza sia da un punto di vista proteico che tartarico”. L’uscita sul mercato del nuovo Soave “Staforte” (come anticamente si chiamava il Comune di Monteforte) fu immediatamente salutata con grande favore sia dai consumatori che dalla critica: un successo che continua da allora, basti guardare l’elenco di “3 Bicchieri” che si è conquistato negli anni (l’ultimo è dell’anno scorso). Assaggiato a distanza di quasi 20 anni, questo Soave dalla veste giallo intenso tendente al dorato si rivela ancora esuberante: profuma di zafferano, melone, pesca e fiori gialli, che in bocca si ripresentano con grande freschezza e pulizia.
Anche l’annata 2006 è di un giallo intenso, ma con riflessi più platinati. Al naso si presenta un po’ più chiuso del precedente, con sentori di erbe mediterranee aromatiche, la cui freschezza ben si abbina a un gusto che ricorda una mela Golden molto matura. Dopo un 2007 con profumi più scuri, minerali e un 2009 sapido e con note di frutta bianca e una leggera spezia dolce sul finale, il 2013 sorprende con un bouquet di aromi dolci, che richiamano il miele d’acacia e l’albicocca matura: in bocca però è sempre vibrante, succoso di frutta gialla matura, si fa bere con piacere.
Dopo uno strano 2015 dalle note un po’ agliacee al naso, con il 2016 inaugura la nuova stagione: quella dei vini chiusi con tappo a vite. “Amo questa chiusura perché mi rispetta - è il commento del produttore - Voglio poter assaggiare questo vino tra 20 anni, e ritrovarlo così com’è oggi”. Il naso è ricco e variegato: alle erbe aromatiche di campo (menta soprattutto) si accompagnano accenni di idrocarburo e polvere da sparo e di buccia di limone verde. In bocca è lungo, pulito, molto equilibrato, sapido e totalmente secco, come tutti i precedenti. L’annata successiva (2017) presenta un accenno di frutta gialla anche tropicale sia al naso che in bocca, mentre la 2021 presto in commercio ha un naso mieloso ancora più pronunciato del 2013, che presto però si trasforma in aromi tropicali e agrumati e al gusto presenta frutta gialla e bianca mature, con un ricordo di fiori di sambuco. Un Soave che sembra una fedele fotografia dell’ambiente naturale da cui proviene.