Vino: verso un nuovo futuro
Invece di sprecare il tempo a deprecare (e imprecare contro) la mala sorte che in questo 2020 ci ha regalato la prima pandemia dell’era globale, invece di preoccuparsi / lagnarsi per il mondo che troveremo quando anche questa fase passerà, perché non proviamo a sfruttare il momento?
Il mondo che troveremo “dopo” sarà diverso da quello cui eravamo abituati prima del manifestarsi della pandemia di COVID-19. Quanto sarà diverso, ancora non è possibile dirlo, ma è certo che alcuni cambiamenti sono irreversibili: indietro non si torna. Gli attuali momenti sono un’occasione irripetibile per adattarsi.
“L'industria vinicola è rimasta stagnante per 100 anni, intrappolata in quei sistemi di distribuzione a più livelli che sono stati esposti allo scoppio di COVID-19 e che francamente avvantaggiano molto di più gli intermediari che il produttore o il consumatore. Noi ci stiamo preparando da quasi due anni ad abbracciare un nuovo modello, più indirizzato verso il consumatore, guidato dai progressi fatti per rendere Internet più veloce, dall'accesso agli strumenti di collaborazione e dalla necessità per le persone di viaggiare senza inquinare. Con le restrizioni sui viaggi ora e per molto tempo in un futuro post-COVID-19, i progressi che stiamo abbracciando saranno ancora più critici per noi e per l'industria del vino nel suo complesso”. Sono parole di un ex-imprenditore e investitore della Silicon Valley, Michael Baum, già fondatore e CEO di Splunk, una tecnologia software per la gestione dei big data. Se parla di vino è perché oggi è anch’egli un produttore, in Borgogna, dove nel 2014 si è comprato un’azienda del 1726: Château de Pommard.
Facile per lui parlare di nuove tecnologie, big data e ammenicoli vari, dirà qualcuno: è stato il suo pane e burro fino a ieri. In realtà, è facile solo quando si lavora nell’ambiente dove questi concetti e strumenti vengono ideati, testati e usati prima di lanciarli nel mondo; molto meno quando si cerca di trasferire quella visione in un ambiente refrattario (ai limiti dell’ostilità) a certe innovazioni come quello agricolo in generale, e vitivinicolo in particolare.
Ma se lasciamo da parte per un attimo i discorsi di principio e guardiamo a quello che sta succedendo in questi giorni, ci rendiamo conto che, in realtà, è più facile a farsi che non a dirsi.
Perché sul web è tutta una copiosa fioritura di iniziative.
Le fiere del vino, gli eventi piccoli e grandi sono stati tutti cancellati dal mondo fisico? Mutatis mutandis, si sono trasferiti in quello online: produttori che si confrontano con i colleghi, consumatori che parlano ai produttori, buyer e importatori che incontrano (in video call) i produttori. E’ successo alla prima Portugal Wine Week, che in 2 giorni ha coinvolto più di 300 professionisti.
I corsi in aula non si possono più tenere? Nasce una miriade di webinar, o di seminari online. Ultimo in ordine di tempo, la "Sicilia Doc Academy": una serie di seminari online con esperti di marketing, comunicazione e pubblicità, per promuovere all'estero il Made in Italy.
Gli appassionati di vino non possono più andare in vigna e in cantina alla scoperta di nuovi racconti? Ci pensano i produttori ad entrare nelle loro case, con riprese live su Instagram o Facebook in cui parlano delle loro realtà, dei territori, di uve e vini.
Serate e incontri di degustazione non sono più possibili? Ci si da’ appuntamento su Zoom, ciascuno con bicchiere e una bottiglia da raccontare agli altri. Oppure, tutti con la stessa bottiglia da assaggiare e commentare, grazie all’invio della stessa da parte dell’azienda.
Proprio la consegna di vino a domicilio sembra al momento essere il cambiamento più evidente in questi strani giorni di arresti domiciliari nazionali. Cantine piccole e grandi si sono attrezzate - o si stanno attrezzando - per raggiungere i consumatori finali e non rischiare di spezzare anche quell’ultimo, fragile legame con il mercato, dopo che tutti gli altri sono giocoforza saltati, ristoranti ed enoteche in primis (restano i supermercati, ma non è un canale adatto a tutti).
Ecco allora che l’e-commerce, la vendita online, da sempre oggetto di scetticismi, critiche e perplessità da parte di tanti produttori comincia a rivelare le sue potenzialità, almeno a coloro che vi hanno investito tempo, sforzi e comunicazione (è pur sempre uno strumento, non una bacchetta magica che fa tutto da sola, o una panacea che risolve qualunque problema commerciale).
Sul fronte dell’ordinaria amministrazione, fatti salvi i lavori in campo e in cantina (che non possono mai fermarsi del tutto), tutto quello che si può svolgere a tavolino e/o al telefono può essere digitalizzato. Non solo: si possono virtualizzare perfino gli incontri con i clienti, gli appuntamenti, le dimostrazioni. Non tutto insomma è (completamente) perduto, con gli strumenti giusti e le opportune competenze (per una consulenza in merito, rivolgersi a Fermenti Digitali).
Come sostiene da sempre il nostro amico Andre Ribeirinho, “il digitale è parte della soluzione, non è il problema”.
Anzi, chi è abituato a dialogare con i consumatori finali, troverà questi giorni un’occasione d’oro per tenerseli ancora più stretti, grazie ad un customer care sempre sul pezzo: Pasqua è qui, saremo tutti costretti a pranzare in casa, quali vini abbinare ai piatti che faremo?
Eccetera.
Il COVID-19 ci ha tolto e ci sta togliendo molte cose, (e purtroppo anche molte persone), ma ci sta anche costringendo a pensare out of the comfort zone, a sforzare la nostra creatività. In questo modo, come sostiene Baum, sta dando al settore del vino la spinta necessaria per entrare in un nuovo futuro, in cui possa (ancora) prosperare in un mondo diverso da quello a cui eravamo abituati. Un mondo caratterizzato da una maggiore volatilità e fluttuazione della domanda, da un presa di coscienza dei cambiamenti climatici, e da un consumatore più infedele ma anche più curioso, e soprattutto desideroso di fare nuove esperienze e di ampliare le proprie conoscenze.