Bolla e Santi: the great are back
Domanda a bruciapelo: dov’è l’albero?
Il primo albero che vedete quando aprite la finestra, o quando uscite da casa. Dov’è? A destra, a sinistra, in fondo alla strada? Ci sono particolari così familiari da essere ormai da tempo scivolati nel nostro subcosciente: non ci facciamo più caso. Non li vediamo più. Fanno parte del paesaggio. Quando ci si interroga su di essi, dobbiamo concentrarci per rispondere.
Qualcosa di analogo succede a certe aziende del vino, soprattutto se d’antica fondazione. Fanno così parte della storia - del “panorama produttivo” di una zona - che non le si nota più. Se poi sono parche (fin troppo) nel fare comunicazione, e a differenza di altri non usano suonare la grancassa per informare l’universo mondo di ogni minimo spostamento di barrique, diventa ancora più difficile restare aggiornati sul loro conto. Ci si dimentica che esistono, e si corre il rischio di perderne qualche interessante evoluzione.
Tutto questo per dire: andate a vedere cosa stanno combinando le aziende Bolla e Santi, due storici marchi veronesi, oggi nella grande famiglia del GIV.
Andate a fare un giro in quelle cantine, assaggiate un po’ di vini e capirete che la musica è cambiata.
Fare vino assomiglia spesso ad organizzare un concerto sinfonico: per una buona riuscita dell’evento servono bravi musicisti, un repertorio d’alto livello e un direttore che sa il fatto suo. Traslato nel nostro settore, per fare un vino all’altezza delle aspettative di un consumatore esigente servono una materia prima di grande qualità (in base all’annata), strumenti adeguati e un bravo, anzi un ottimo enologo. Se manca quest’ultimo, i primi due servono a poco, perchè il vino buono non si fa da solo - nemmeno se l’uva è eccezionale.
Per anni, noi appassionati abbiamo trattato con sufficienza i vini targati Santi e Bolla, trovandoli sì corretti, ma in fondo poco interessanti, privi di un’ anima precisa. Ora è tempo di ricredersi. Bolla is back, Santi is back, entrambi in grande spolvero. Assaggiare, anzi bere, per credere, perchè proprio la bevibilità e la grande piacevolezza sono le cifre stilistiche che accomunano i prodotti delle due case vinicole.
Non è un caso: di recente il GIV ha pensato bene di cambiare un po’ di cose nelle due aziende, a cominciare dai direttori delle due orchestre: gli enologi. Da qualche anno infatti la direzione tecnica di Bolla è in mano a Christian Zulian, mentre quella di Santi è di Cristian Ridolfi. Due professionisti di grande esperienza, con trascorsi eccellenti in un paio delle più famose e celebrate aziende del vino italiane (una toscana, il cui nome inizia per A, e l’altra veronese, che comincia per B… indovinate chi sono), che stanno trasferendo nei rispettivi marchi tutto il meglio della loro sensibilità per il territorio e della loro capacità di interpretarne le annate. E il cambio di passo è evidente nei vini, che rispecchiano pienamente le caratteristiche organolettiche delle due Valpolicella, l’Occidentale e l’Orientale, anche (anzi, soprattutto) quando si tratta di vini altamente tecnici come Amarone e Ripasso della Valpolicella. Grande pulizia al naso e in bocca, eleganza molto French style, una personalità mai banale: i risultati nel bicchiere sono coinvolgenti.
Perciò, dov’è l’albero? E’ proprio lì, dove è sempre stato. Se adesso lo vediamo, è perchè è finalmente tornato a fiorire.
Bolla: Amarone della Valpolicella “Le Origini” 2012: rubino scuro con sfumature viola nel bicchiere, profumi di noci, tabacco, cuoio, polvere di caffè. In bocca s’impone per la grande secchezza (meno di 2gr di zuccheri residui/ litro), i sentori di prugna appassita, ciliegia sotto spirito, cioccolato molto fondente. Finale lungo e pulitissimo. Un perfetto Amarone da pasto, abbinabile con carni rosse e verdure alla griglia.
Bolla: Valpolicella Ripasso “Le Pojane” 2016: rubino scuro con sfumature rosse. Al naso alterna spezie dolci e frutti di rovo rossi e neri molto maturi, in bocca è setoso, equilibratissimo e di una bevibilità pericolosa. Da tutto pasto.
Santi: Valpolicella Superiore “Ventale” 2016: rubino scuro con sfumature rosse, bel vino pulito, più speziato che fruttato, anche se non mancano le note di prugna, mora, ribes nero. Un Superiore come quasi non se ne trovano più, di grande finezza e persistenza, speziato e lungo, ottimo anche per il pasto quotidiano.
Santi: Amarone della Valpolicella Classico “Proemio” 2012: rubino scuro con sfumature tendenti al viola, ricco bouquet di ciliegie sotto spirito, funghi, menta, una sfumatura di tabacco, pepe, cenni balsamico/resinosi. In bocca è vellutato, armonico, con una buona acidità e grande pulizia. Da carni rosse, arrosti e tutto pasto.