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Il restauro dell'Abbazia di Sant'Eustachio e altre storie

Tre notizie interessanti, tutte riguardanti vini italiani.

La prima arriva dal Veneto Orientale e riguarda  l'Abbazia di Sant'Eustachio. Monastero benedettino fondato nel 1062 in una posizione strategica (vicino al Piave), fu sempre considerato un luogo di vedetta particolarmente importante e ambito. Non ospitò mai comunità religiose molto numerose, i monaci erano meno di una decina, ma nei secoli XVI e XVII fu importante polo culturale, che vide tra i suoi ospiti personaggi del calibro di Pietro l'Aretino e Giovanni della Casa, che proprio in questa abbazia scrisse il suo famoso "Galateo overo de' costumi". Soppressa come istituzione ecclesiastica verso la fine dell'800, dopo la disfatta di Caporetto l'abbazia fu pesantemente danneggiata, e anche ai nostri giorni non se la passa troppo bene, nonostante qualche intervento di valorizzazione attuato in virtù di alcuni fondi europei.

Presto però  le cose cambieranno grazie ad un produttore del luogo: Giusti Wine ha infatti deciso di investire ben 1 milione e 731 mila euro per mettere in sicurezza e ristrutturare questo complesso.  L'abbazia infatti si trova all’interno della omonima Tenuta dell'azienda;  il progetto di restauro vede il consolidamento delle strutture esistenti e la costruzione, in quella che era la parte conventuale, di un fabbricato destinato a museo con sala convegni. Ulteriori lavori comporteranno la realizzazione di percorsi per i visitatori e un’area sotterranea destinata a servizi.  I lavori di ristrutturazione dureranno un anno e mezzo, e anche se Giusti Wine gestirà il complesso per i prossimi ottant’anni, l'abbazia resterà di proprietà della municipalità di Nervesa. 

«Con questo intervento a favore della Comunità  – sottolinea Ermenegildo Giusti, titolare di Giusti Wine – integriamo il nostro piano di sviluppo del territorio che partendo dall’attività vitivinicola vuole rilanciare Nervesa ed il Montello come meta di un turismo attento e consapevole, capace di creare valore e nuova occupazione qualificata per i nostri giovani».

Anche la seconda notizia riguarda un vino veneto, ma dell'altra parte della regione: il Bardolino. Per una volta, di questo vino viene apprezzato il suo essere leggero ma attraente, fruttato, senza le pretese di un vinone. Un vino amichevole, che non intimidisce nessuno, un buon compagno dei pasti, un bere casual facile da proporre senza essere banale, e che mette tutti d'accordo. Qui il pezzo completo.

Il terzo e ultimo articolo è l'interessante storia di un inglese che decise di trasferirsi in Chianti Classico, e di mettersi a fare vino a modo suo, cioè in maniera completamente diversa da come lo facevano molti altri produttori della zona. Voleva fare un Chianti Classico di puro Sangiovese, senza addizioni di Cabernet Sauvignon o Merlot.  "Quando il Barone Philippe de Rothschild pianterà Sangiovese, io pianterò Cabernet Sauvignon" diceva questo bastian contrario che si chiamava John Dunkley. Era il 1971, l'inizio di una avventura che dura ancora oggi a Riecine e si può leggere qui. Una case history esemplare.