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Cinque buoni motivi per usare un Clayver in cantina

Da sin., Maurizio Gasco e Luca Risso del Clayver Team con un Clayver da 40 l.

I contenitori  (per la vinificazione o l'affinamento, o per entrambi) sono da sempre uno dei chiodi fissi di enologi e produttori di strumenti per l'enologia. Un po' per moda, un po' perché i gusti dei consumatori con il tempo cambiano davvero, e un po' perché anche le conoscenze tecnico-scientifiche si affinano, non passa anno senza che non salti fuori qualche nuovo ritrovato.  Basta una visita ad un qualunque salone internazionale del settore per rendersi conto della varietà di prodotti in commercio. Alcuni appaiono più pretestuosi che realmente innovativi, altri no, sono decisamente un nuovo modo d'intendere il vaso vinario.

Tra questi c'è sicuramente il Clayver, l'argilla (clay) intelligente (clever) che si propone come soluzione per tutti quei produttori alla ricerca della quinta via dopo la barrique ("pfui, roba superata"), l'acciaio ("trasmette vibrazioni al vino") l'anfora ("troppo porosa e ossidante") e il cemento ("troppo isolante"). Un contenitore che però riassuma, in una qualche misura, gli aspetti positivi dei precedenti vasi, e quindi sia maneggevole come una barrique, precisa come l'acciaio, cool come l'anfora e neutra come il cemento. 

Clayver è tutto questo: una simpatica palla forgiata in un particolare tipo di ceramica dotata di una porosità piccolissima (ma ancora presente). "Il gres di cui è fatta è del tutto inerte, non si compone di materiale proveniente da una sola zona ristretta come invece succede nel caso delle anfore, ma di una miscela complessa. In questa maniera non modifica il vino, ma gli permette di evolvere lentamente" spiega Luca Risso, che con altri 3 soci ha dato vita nel 2014 alla start up che porta il nome del loro prodotto. 

I vantaggi di usare un Clayver per affinare un vino perciò sono chiari: è un vaso facile da pulire, non influisce sul gusto del vino (diversamente dall'anfora), è maneggevole, innovativo, e costa come una barrique di buona fattura (ma non devi cambiarlo tutti gli anni).  Inoltre viene fornito, a richiesta, perfino con una certificazione alimentare. 

I formati vanno dai 40 litri ai 250 fino ai 350-400: in questi ultimi casi però le sfere sono due, fuse insieme in una forma più oblunga (che ricorda quella dell'ovetto delle sorpresine Kinder). 

Last, but not least: come sono i vini affinati in Clayver?

Non sanno di Clayver, come si diceva: abbiamo assaggiato alcuni campioni di vini italiani ed esteri, e non abbiamo notato caratteristiche di gusto imputabili al contenitore, a parte forse una leggera iniziale riduzione, che però svanisce dopo alcuni minuti. Un fenomeno che lo stesso Luca Risso ha tenuto a spiegare: " Rispetto ai vini affinati in anfora, il Clayver non é un contenitore caratterizzante. É però abbastanza riducente: per questo occorre lasciare che il vino si apra. Il vino nel Clayver non va travasato se sembra che sia ridotto,  occorre aspettare, a volte anche un anno". Il fattore tempo del resto è sempre cruciale nella qualità dei vini, con la fretta non si fanno vini buoni.

Ad oggi sono oltre 100 le aziende italiane ed estere che hanno una palla (o un ovoide) Clayver in azione in cantina, e tra questi ci sono anche nomi molto prestigiosi: un'ulteriore dimostrazione che la creatività italiana è sempre leader nel mondo, anche  in materia di strumenti enologici.