Il Valpolicella che dev'essere: 5 esempi
E' il vero simbolo di questa zona vinicola, il suo lato maschile: un vino cordiale, scuro - ma non troppo - nel colore e nei profumi, sbrigativo ma non superficiale, semplice ma non sempliciotto.
Un vino dinamico: attivo ed efficiente. Capace di adattarsi a pietanze invernali come a piatti più leggeri, zuppe, paste, risotti, carni e perfino pesci e verdure. Se all'Amarone della Valpolicella si da' del lei - nei casi più venerandi perfino del voi - al Valpolicella si da' sempre del tu, come a un amico sul quale si sa di poter sempre contare.
Detto questo, e in spregio del rispetto che si dovrebbe portare a un prodotto che si chiama come la terra da cui proviene - un pre-requisito di marketing che molti pagherebbero per poterlo vantare ... - sappiamo benissimo come stanno le cose.
Dalle brochure di molte aziende, il Valpolicella d'annata è scomparso: troppo oneroso il sacrificio che chiede per essere fatto. Le uve migliori vanno appassite in vista dell'Amarone e del Ripasso, altro che vinificate fresche per fare Valpolicella. Così, per trovare quello che dovrebbe essere il buon vino veronese della tavola quotidiana occorre mettersi in caccia di produttori piccoli. Oppure sul mercato da poco. Oppure idealisti. Oppure ostinati tradizionalisti. Oppure innovatori. Spesso con tutte queste caratteristiche insieme. Ovviamente, togliersi dalla testa di portar via una bottiglia di buon Valpolicella a pochi euro: la qualità va pagata.
Buone notizie, comunque, per gli irriducibili #Valpolicellalovers: ci sono ancora alcuni produttori che credono fermamente in questo vino, al quale dedicano cure maniacali.
Chi si aspetterebbe, per esempio, di trovare un Valpolicella Classico in bottiglia magnum? Eppure questo sembra presentarsi come un vero trend, almeno per alcuni.
Carlo Meroni e Marco Speri sono due persone che amano questo prodotto, lo fanno come piace a loro - cioè al meglio - e gli riconoscono tutta l'importanza di un grande vino. Entrambi i loro Classici perciò viaggiano anche in magnum, che considerano il formato migliore per l'evoluzione di un vino. Diversi nell'origine territoriale - il primo, il Valpolicella Sengia, viene da terreni pedecollinari calcareo-argillosi di Sant'Ambrogio, il secondo, il Valpolicella Classico, da terreni più pianeggianti e alluvionale-calcarei di Fumane - diversi nella composizione dell'uvaggio (nel primo c'è molinara, nel secondo ci sono anche altre uve locali minori), hanno in comune la ciliegia succosa che caratterizza questa tipologia, bella lunghezza e una straordinaria bevibilità. A chi volesse provare qualche magnum di questi Valpolicella, il consiglio è di prenotarle ora.
Il terzo Valpolicella che consiglio viene dai terreni scuri di Marano, da uve locali (corvina, corvinone, rondinella, oseleta) da raccolta tardiva, pigiato per caduta e affinato in acciaio. Ha profumi di ciliegia dolce venati di freschi sentori balsamici, una beva scorrevole e lunga. Per farlo, il produttore Federico Pellizzari gli dedica tutte le attenzioni e le cure che riserva a sua maestà Amarone. Per questo anche il suo Valpolicella è un Re. Pazzo, magari, ma sempre re.
Il quarto Valpolicella della tradizione lo troviamo nei vigneti di Torbe di Negrar, in una piccola, giovane azienda che come immagine coordinata ha scelto un azzeccato connubio tra pietra locale e vino. Lo Stelar* di Laura Albertini e Cristiano Saletti è un vino che riflette la loro filosofia aziendale, il Valpolicella come dovrebbe essere secondo loro. Cioè fruttato (ciliegia), vibrante in bocca, croccante, godibile.
Il quinto Valpolicella è stato un parto difficile. Per realizzarlo, questa pur giovane azienda ha impiegato anni. Quello che molti considerano il vino più semplice, per loro era il più delicato e difficile. Merito/colpa dell'enologa Raffaella Veroli, che non era mai soddisfatta: "No, non è l'annata giusta". Passa un anno, passa l'altro, alla settima vendemmia finalmente l'andamento della stagione presentò tutti i parametri qualitativi richiesti per fare il vino che aveva in mente. Il Valpolicella Classico Fralibri nasce da tutte le uve dei loro vigneti (di 15 anni e oltre), né più né meno: corvina, corvinone, rondinella, teroldego, cresciute su un terreno a base di calcari di tutte le specie e i colori (arenitici, marnosi, oolitici, gialli, rosa, bianchi...), raccolte a perfetta maturazione e vinificate in acciaio. Il risultato è un vino che colpisce per la sua eleganza fine e discreta, sfaccettato nei profumi (floreali e fruttati scuri), rotondo e scorrevole e soprattutto, come già i precedenti, fantasticamente bevibile.
*nome locale di un tipo di strato di pietra di Prun