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Future trends in wine drinking: è il momento degli aromatici (pare)

(Questo che segue è la versione italiana di un mio post per Palate Press. L'originale in inglese si trova qui)

Visitando le zone viticole più antiche e prestigiose in Europa  - come il Portogallo, la stessa Italia, ma anche la Grecia - può capitare d’imbattersi in vigneti molto vecchi, nei quali convivono varietà diverse, sulla cui identità e provenienza spesso persino il proprietario sa poco. In Valpolicella la maggior parte dei vigneti sono monocultivar,  coltivati con uve originarie della zona, ma i più vecchi contengono ancora molte piante di uve provenienti da altre regioni italiane (barbera, sangovese toscano, teroldego, malvasia...).

Un fatto curioso, che secondo alcuni trova la sua spiegazione in un'abitudine dei nobili veronesi, proprietari di vasti fondi e vigneti della campagna veronese: quando andavano a trovare qualche loro pari grado, per affari di famiglia o di politica, anzichè portare in dono mazzi di fiori o scatole di cioccolatini (come faremmo noi oggi), regalavano... mazzi di barbatelle. Così, uve di altre regioni e nazioni venivano piantate in giro per il mondo, e vendemmiate e vinificate insieme a quelle già presenti.

Tutto questo per ricordare un fatto fondamentale nella storia del vino e della viticoltura in genere: l’uva viaggia. Ha sempre viaggiato con l’uomo e continuerà a farlo, oggi più di ieri. Seguirla nei suoi spostamenti può rivelarci molte cose della società di oggi: qual’è il vino preferito di una nazione, o quale sarà il vino di maggior successo domani... Tutte cose che la gente dei friulani Vivai Cooperativi Rauscedo (VCR) conosce molto bene, perchè questa società è da almeno vent’anni leader mondiale della produzione di barbatelle. Ogni anno ne produce circa 90 milioni, più della metà delle quali finisce nei vigneti italiani. Un fatto che dimostra come in Italia si impianta ancora molto. O no?

“Sì, ma non dappertutto - risponde uno degli uomini di punta di VCR, l'agronomo Ermanno Murari - Anzi, negli ultimi anni in molte zone di grande e storica vocazione viticola non si impianta più. Parlo della Toscana, per esempio: la crisi del Chianti e del Brunello ha fatto sì che molte aziende toscane abbiano rinunciato a convertire i vecchi impianti, a farne di nuovi o a espandersi in zone vocate. In alcuni casi anzi i vigneti sono stati estirpati e l’azienda chiusa. Una cosa molto triste”.

Quali sono le uve di maggior successo, oggi? Che cosa i produttori preferiscono piantare rispetto al passato?

“Non è facile rispondere a questa domanda. Noi di Rauscedo produciamo le barbatelle con un anno di anticipo, e quindi dobbiamo essere così bravi da prevedere che cosa andrà di moda, diciamo così, l’anno prossimo. Fino all’anno scorso, il vitigno più richiesto era il glera: sembra che il mondo abbia scoperto il Prosecco e ora voglia bere solo quello. Al secondo posto veniva il pinot grigio: pensiamo che anche nel 2013 ce ne chiederanno parecchio. Ma l’uva che prevediamo sarà molto richiesta è il moscato. I più rappresentativi in Italia sono quello giallo e quello bianco; il primo è limitato ai Colli Euganei, in Veneto (meno di un centinaio di ettari). L’altro, il moscato bianco, è molto più diffuso e famoso, e si trova nella zona dell’Asti. E’ un vitigno molto versatile, aromatico, da cui si ricavano dei vini anche spumanti molto interessanti. Per questo prevediamo che sarà molto richiesto anche nel 2013".

E per i vini rossi cosa dobbiamo aspettarci?

"I più richiesti sono sempre i francesi: merlot, cabernet... Crisi nera invece, per il sangiovese. In passato producevamo 10 milioni di piante, quest’anno abbiamo superato di poco il milione. E’ un peccato, perchè questa varietà è meravigliosa, facile da coltivare, eppure è drasticamente diminuita”.

Quali sono i vitigni più richiesti all’estero, attualmente?

“In paesi come la Spagna c’è grande attenzione a tutte le varietà locali, perciò ci chiedono tempranillo, tinto de toro, tinto de pais... In paesi nuovi come l’Azerbaijan, dove spesso vengono chiamati i nostri agronomi per fare vini di alta qualità, c'è una grande attenzione per i vitigni aromatici come i moscati”.

Per finire, guardiamo nella tua sfera di cristallo: cosa vedi? Quali saranno i vini che berremo domani?

“Vedo alcune new entries... Uve ibridi di quarta generazione e la riscoperta di alcuni incroci”.

Chiariamo per l'inclito pubblico cosa sono gli ibridi di quarta generazione...

“Sono uve resistenti alle malattie della vite più diffuse, ottenute dai ricercatori incrociando piante di Vitis di varietà europea con quelle provenienti da altre zone. In Italia sono ancora vietati, non si possono coltivare in campo aperto. Noi li stiamo studiando: abbiamo pronte 47 microvinificazioni di questi nuovi vini, li presenteremo in assaggio al Vinitaly 2013, in attesa che la legge italiana ci permetta di produrle”.

E gli incroci?

“Sono uve che nascono, appunto, da incroci eseguiti da professori universitari, come Luigi Manzoni. Egli, incrociando il riesling renano con il pinot bianco, negli anni ’30 del secolo scorso ottenne il cosiddetto Incrocio Manzoni 6.0.13 (o Manzoni Bianco), mentre incrociando il glera con il cabernet sauvignon ebbe il Manzoni 2-15, o Manzoni rosso. Un altro incrocio è il Rebo, un vitigno che nasce dall’idea del prof. Rebo Rigotti  di incrociare merlot e teroldego. Anche da quest’uva nasce un vino molto interessante e molto moderno, che andrebbe conosciuto di più".