Il bello (e il brutto) di Merano IWF 2011
Non sono (ancora) così snob da denigrare una fiera del vino per il semplice fatto che esiste. E non sono (più) così ingenua da credere che venga organizzata per mecenatismo.
Ciò premesso, ecco qualche distillato della mia esperienza di Merano IWF 2011, quello che mi è piaciuto (il buono) e quello che non mi è piaciuto (il brutto). Il tutto, come sempre, ampiamente opinabile.
Il buono:
- Il sistema di accreditamento online (e offline) dei giornalisti: se sei uno che lavora (e puoi dimostrarlo, carta o web alla mano) entri, altrimenti ciccia. A prescindere dalla firma e/o dalla tua investitura ad opera di un Ordine sovrano.
- Il lunedì. E' l'ultimo giorno della fiera, e continua a dimostrarsi il più consigliato per girare tra i banchi con (relativa) tranquillità e assaggiare qualcosa.
- L'atmosfera di ottimismo che si respirava tra i produttori. Moderato, cauto, a tratti clandestino, ma c'era. Non saremo fuori dal tunnel, ma una lama di luce la' in fondo comincia a intravvedersi.
- I vini assaggiati. Pochi ma ottimi. Come lo Chardonnay 2010 di Les Cretes, il Barolo "Cicala" 2007 di Conterno, il Barbera "Lorens" di Lodali, Terra di Lavoro 2009, il Solare 2007 e il Chianti Classico Riserva Docg 2008 di Capannelle, il Sauvignon Blanc 2001 di Diemersdal Estate e quello di Delta Wines, lo Champagne Brut Premier Cru Blanc de Blancs 2005 e lo Champagne Rosè Experience Premier Cru 2006 di André Jacquart et Fils, per citarne qualcuno a memoria.
- L'angolo Beer Passion. Dicono che non c'è nulla di meglio dopo una degustazione di vino che premiarsi con una buona birra. Io l'ho fatto con la birra artigianale Formidable di Cittavecchia e la Linea Classica di Amarcord. Un'esperienza da ripetere.
- La temperatura delle sale: non alta, non bassa. Nel complesso, e nonostante la calca del sabato (ebben sì, quest'anno Merano twice), abbastanza vicina a quella in genere consigliata per degustare vini di qualsivoglia specie.
E ora il brutto:
- Gourmet Arena. Non mi piace, non mi è mai piaciuta, l'ho sempre considerata un innesto forzato, una concessione al nazional-populismo d'ispirazione televisiva in una manifestazione che vorrebbe essere il club delle eccellenze enologiche in un contesto professionale. Quest'anno la situazione era perfino più drammatica: relegati nell'angoletto dei discoli posto sul fondo del padiglione di Culinaria, (ma una volta non disponevano di una tensostruttura indipendente?), costretti a combattere con spazi limitati ai centimetri quadrati (oltre che con ingredienti per le loro ricette decisamente assenti nella piazza altoatesina in genere, e meranese in particolare), i poveri chef ingaggiati per lo show-cooking hanno sofferto. E noi con loro. Soprattutto quando per assaggiare un'idea di piatto siamo rimasti appesi ad un tavolino da wine bar per almeno 45 minuti.
- L'assenza del wi-fi nel Kurhaus. Spiegatemi: a che serve aprire l'accredito stampa ai comunicatori digitali e poi negare loro la possibilità di condividere live, dal posto, impressioni e degustazioni?
- Il sistema di noleggio dei bicchieri. Per avere il bicchiere occorre versare una cauzione, e va bene. Insieme al bicchiere ti danno anche un tallocino, che va restituito con quello, se vuoi riavere i soldi. Il talloncino da solo però non basta, perchè in effetti il bicchiere può essere andato rotto, o smarrito, o dimenticato da qualche parte, o... sottratto con destrezza, in mezzo alla calca, finchè parlavi con qualcuno e lo avevi appoggiato sul tavolo davanti a te. Consegnandolo al posto tuo, il manolesta intasca i tuoi soldi.
A colpi di 10 euro alla volta - a tanto quest'anno ammontava la cauzione - c'è chi ha fatto giornata, con questo sistema. O per lo meno, si è rifatto della spesa del biglietto.