Eno-trends 2011 - prima parte
Appassire. Spumantizzare. Dealcolare. Naturalizzare.
Si è fin troppo facili profeti, quando si cerca di individuare i trends del mondo del vino dei prossimi mesi; basta guardare a quanto è successo fino ad oggi, e soprattutto alla fortuna (mediatica, ma in particolare commerciale) che hanno avuto e continuano ad avere nel mondo certe tipologie di vino.
Le prime tre tendenze riguardano una tecnica: la quarta sarebbe più propriamente una filosofia di produzione. In tutti i casi, l'obiettivo resta quello di ottenere vini -o loro imitazioni - di grande successo commerciale.
Appassire. Continua senza tema di smentite l'ascesa nelle preferenze dei consumatori esteri dell'Amarone della Valpolicella (solo negli USA, a causa dei prezzi elevati delle bottiglie, si registra qualche rallentamento nelle vendite). Un successo che fa gola a molti. E allora, vai con l'appassimento. Non tutte le uve sopportano bene questo trattamento, ma spesso si preferisce procedere a tentoni, ciascuno per conto proprio, perchè le ricerche serie richiedono fondi e anni di esperimenti (mentre il mercato cambia idea ogni 6 mesi, o anche meno) e perchè in ogni caso, la potenza e il residuo zuccherino di un vino appassito mettono in ombra altri difetti. Già il semplice fatto di poter scrivere in etichetta o nella comunicazione aziendale "Amarone-style" o "alla moda dell'Amarone", è garanzia di successo commerciale.
Accade così che nel mondo ci stanno provando un po' ovunque: in America c'è perfino chi si vanta di essere l'unico a produrre Amarone (qualcuno gli spiega che non può dirlo/farlo, please?). Lo sappiamo: l'appassimento è una tecnica, e come tale non può essere di esclusiva proprietà di alcuno. Ma, come tutti i metodi, quando non è applicata da chi possiede sufficiente competenza tecnica e cultura storica in materia, rischia di dar luogo a vini-caricatura, che subito impressionano e stupiscono, ma alla lunga annoiano. E’ già successo con i vini affinati in barrique, considerati oggi fuori moda, succederà anche con i vini secchi da uve appassite (perchè quelli dolci nessuno, o pochissimi, sanno farli davvero, e quindi nessuno, o pochissimi, li fanno). C’è solo da augurarsi che questo senso di saturazione si verifichi il più tardi possibile. Del resto, i primi a dare il cattivo esempio sono proprio i produttori della Valpolicella: quando un’azienda non sa cosa fare per rispondere alle nuove esigenze del mercato (o a quelle che la sua forza vendita gli fa credere che siano le nuove esigenze del mercato), anzichè impegnarsi a migliorare i prodotti che già possiede, s’inventa un vino nuovo. Il quale è immancabilmente basato su una delle mille fantasiose varianti combinatorie delle tecniche ripasso e/o appassimento. Il risultato è che il mercato si sta riempiendo di vini stile-Amarone tecnicamente (più o meno) tutti ineccepibili, tutti (abbastanza) egualmente buoni... e tutti altrettanto dimenticabili.
Spumantizzare. Evvai con le bollicine. Dopo l’Amarone della Valpolicella - anzi, prima - l’altro vino che sta conoscendo un travolgente successo di mercato è il Prosecco, il cui nome è diventato addirittura sinonimo di “vino spumante” (qualsiasi). Perciò basta spumantizzare qualcosa - non importa cosa - che la gente (ignorante) lo prende per Prosecco, con un discreto effetto-traino sulle vendite. Se poi si riesce a far capire alle persone che quella dello spumante, in realtà, è una tipologia di vino anche da tutto pasto, e che quindi può metterlo in tavola anche alle 13 di qualsiasi lunedì dell’anno (e non solo alla mezzanotte del 31 dicembre), allora è fatta.
(Continua nel prossimo post...)
Foto: uve in appassimento per la produzione di Amarone e Recioto della Valpolicella nel fruttaio dell'azienda Antolini (Marano di valpolicella, Verona)