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Rosso Faye, il bordolese che parla trentino

In genere, quando si parla di bordolesi italiani, il pensiero corre subito a etichette celebri come quelle toscane (Sassicaia, Masseto), o al veneto Riserva "Capo di Stato" di Venegazzù, o al San Leonardo dell'omonima tenuta trentina. Tutti vini nati tra gli anni '60 (la prima uscita commerciale del Sassicaia è del 1968) e gli anni '80 (1982, prima annata del San Leonardo).

In realtà, la voglia di realizzare qualcosa di simile ai grandi vini francesi è molto più antica, e primi esiti moderni si videro proprio in Trentino. Verso la metà degli anni Cinquanta, un gruppo di enologi trentini fece un viaggio-studio in Francia, tornandone carico di entusiasmo e curiosità. Il primo a cimentarsi fu Riccardo Zanetti, dell'Istituto di San Michele all'Adige (IASMA), che nel 1958 realizzò il  "Castel San Michele", un taglio cabernet sauvignon-merlot, cui seguì, qualche anno dopo, il "Monastero". Nel 1961 un suo compagno di studi e di viaggio (Leonello Letrari) creava un altro vino destinato ad entrare nell'Olimpo dei grandi: il Fojaneghe. Una dimostrazione, con i fatti, che anche in una terra dal clima non sempre favorevole come il Trentino è possibile realizzare vini che nulla hanno da invidiare ad altri in fatto di eleganza, equilibrio e nobiltà. Certo, la vocazionalità del terreno è il primo requisito, cui seguono la scelta viticola più opportuna alla situazione e la conseguente conduzione agronomica... per finire con una pratica di cantina quasi minimalista.

O, almeno, queste sono le caratteristiche di un altro grande vino trentino stile bordolese, il Rosso Faye di Pojer e Sandri, del quale nella mattinata del VinixLive n.6 è stata offerta a un gruppo di enologi, produttori e comunicatori un'occasione più unica che rara: una verticale di 12 annate, scelte tra le 20 della sua giovane vita.

"Era il 1986 quando riuscimmo a acquistare un piccolo terreno di 1 ettaro e mezzo, formato da 2 appezzamenti, che si trova appena sopra quello da cui nasce il "Monastero", ovvero in una delle zone più belle del Trentino - racconta Mario Pojer - Questo vigneto si chiama “Paradisot”. E' un posto magico. Nel 1987 facemmo l'impianto: 50 per cento cabernet sauvignon, il resto cabernet franc, merlot e...lagrein. Sì, perchè va bene l'idea del bordolese, ma io volevo che questo vino parlasse anche trentino, volevo qualcosa di nostro. E il lagrein è importante, qui." La prima vera annata, se si prescinde dalla sperimentazione del 1989, è il 1990. 18 hl di produzione. Un vino importantissimo, esagerato, praticamente imbevibile... allora.

Gli anni passano, e tra annate più o meno felici lo stile del vino si delinea sempre meglio, si affina, acquista in personalità. Oggi del Rosso Faye si producono 45 hl, che vengono lavorati alla...Mario Pojer, cioè in modo poco... consueto e abbastanza sorprendente: lavaggio delle uve con la sua ormai famosa macchina, e lavorazione delle stesse senza sfregamenti meccanici: "L'uva non viene nè pigiata nè pompata: i grappoli vengono sgranellati e gli acini interi vengono spostati in tini aperti troncoconici da 18-19 quintali". Niente pompe, coclee, presse pneumatiche: solo un vecchio torchio, "la macchina più interessante che abbiamo in azienda - dichiara Mario - Pagata all'epoca 12 bottiglie di schiava". Un cifrone.

Altrettanto arcaica si presenta la lavorazione: "facciamo tutto a mano. Come si faceva in Trentino una volta". "Una volta" corrisponde a...600 anni fa. Una stravaganza markettara? ovviamente no. "Il Trentino è un ambiente montano, freddo - motiva il produttore - e spesso il cabernet sauvignon stenta ad arrivare ad una maturazione perfetta. Più manipoli, sfreghi, rompi l’uva, più sentori vegetali finiscono nel vino. In questo modo invece si arriva ad ottenere una qualità importante, ma gentile". L'affinamento avviene in legno non francese.

La verticale:

Tutti i vini sono stati proposti alla cieca: le annate sono state rivelate solo ad assaggi conclusi. In generale, il Rosso Faye è un vino che riflette il suo territorio nei profumi (fresche note balsamiche e di bosco, fiori di montagna, piccoli frutti rossi) e nell'altalena delle annate, non sempre da 5 stelle... Inoltre, non in tutte le vendemmie trova il giusto compromesso tra alcol e legno. Le annate più recenti (dal 2009 al 2000) rivelano profumi di fiori (rossi e viola) e piccoli frutti sia al naso che in bocca: la struttura è equilibrata, i tannini abbastanza levigati, ma non ancora ben polimerizzati. Anche dopo 10 anni, il vino è insomma fresco e ribelle. Dal 1998 al 1990 cominciano a emergere insieme al frutto anche interessanti note balsamiche e di legni esotici, spezie e confettura sotto spirito. E' il Rosso Faye maturo, più saggio, equilibrato, anche più elegante.

Con il giovane puoi litigarci, con l'adulto conversi. 

Nell'uno e nell'altro caso, a tavola. Rigorosamente.