Promozione nei Paesi Terzi: una nuova Golden Rush?

Premessa: l'attuale OCM vino porta in dote all'Italia un bel mucchietto di soldini, oltre EUR 1.8bn. Per spenderli, abbiamo tempo fino al 2014. Questi finanziamenti si suddividono in una serie di misure, tra le quali spicca quella relativa alla promozione del vino italiano: ben EUR 377 m. Una specie di Eldorado alla conquista del quale si stanno lanciando in molti, a testa bassa e spesso senza avere le idee chiare: l'importante è andare nei Paesi Terzi a promuovere il vino italiano, non importa come, quando e perchè. Il rischio è quello di sprecare un sacco di risorse perdendo molto: tempo, soldi, opportunità. Perchè questo è l'ultimo treno. E' forse il caso, allora, di fermarsi un momento per riordinare le idee, e soprattutto gli uomini. Un invito che ci viene dall'amico giornalista Marco Mancini, per anni direttore del settimanale "Il Corriere Vinicolo", e che oggi ritroviamo con piacere sulle pagine di una nota testata di settore.

Ben tornato in azione, Marco!

"Promozione nei Paesi terzi: si rischia di innescare una folle corsa all’oro.

Benvenuti nel mondo delle contraddizioni. È quello del vino, da anni da noi indagato con tenacia e lucidità, scevri da perniciosi equilibrismi. Se a guidarci da sempre è la passione, non possiamo rimanere indifferenti alle tante ombre che minacciosamente s’allungano sui nostri vigneti.

Difficile comprendere i toni entusiastici e il toto quantità attorno alla vendemmia in corso (oltre 46 milioni di ettolitri secondo le stime di più fonti nei primi giorni di agosto, successivamente ritoccate al ribasso a metà settembre, collocando la produzione sui livelli dello scorso anno quindi circa 45 milioni di ettolitri). Che importanza può avere primeggiare in volumi e persino in qualità se il vero problema che sempre più emerge con drammaticità è quello di vendere il vino in un mercato globale?

Avere uno sguardo internazionale è una necessità così come lo è incominciare a sentirsi europei in una logica commerciale. In fatto di consumi, il nostro Paese ha il fiato corto: dai 45 litri pro capite del 2007 siamo scesi ai 43 del 2009 e la prospettiva è di andare sotto i 40 nel 2015.

Se si produce più di quanto si consuma, e questo è un dato oggettivo, per ben altro si deve esultare. Come è spiegabile che nonostante le estirpazioni e una pesante crisi economica della quale non si vede ancora la fine, il vigneto Italia non si ridimensioni, trascinando così i prezzi delle uve verso il baratro e stipando le cantine di prodotto delle annate precedenti? Evidentemente è tutto il sistema vino che va ripensato e non basta la riforma di una legge a risolvere i problemi. È tempo forse di rivedere le rese di certi disciplinari di produzione, di intervenire sui vigneti fuori mercato e di riflettere sugli aiuti alla ristrutturazione. Il mercato deve ritrovare un suo equilibrio per garantire la giusta remunerazione a tutti gli attori della filiera e soprattutto ai vignaioli, il primo anello di una catena sempre più in tensione. Se cede questo, tutto il comparto ne farà le spese.

Ben vengano quindi gli aiuti alla promozione nei Paesi terzi, mercati complessi e costosi da raggiungere. I fondi Ocm ad essi destinati sono decisamente sostanziosi. Ma anche in questo caso le perplessità e le contraddizioni si rincorrono. Senza entrare nel merito della complessità della misura, sembra di assistere ad un nuovo Eldorado, una corsa all’oro caotica e individualista nella quale solo i più fortunati, e forse i più forti, potranno trarre beneficio. Non mancheranno sovrapposizioni, ridondanze e, di conseguenza, sperpero di denaro (pubblico per il 50%). Era proprio impossibile programmare per tempo un giusto coordinamento? È pensabile di metterlo in atto per i prossimi anni anche considerando il notevole incremento dei fondi a disposizione?

Gli uomini non mancano. Il nostro ministero vanta funzionari capaci, solo talvolta si smarriscono nei corridoi di enti di scarsa utilità. Basterebbe quindi una decisa azione di riorientamento. E tutti ne trarremmo beneficio, dando finalmente un senso allo slogan “fare sistema” che riecheggia monotono in ogni convegno".
 

Marco Mancini